Politica

Qualunquismo liberalizzato

Il ministro dello sviluppo economico, incalzato in una trasmissione televisiva ha annunciato: si abolisca il costo fisso delle autoricariche telefoniche. Per chi non lo sapesse, ma chi non lo sa?, si tratta di quella cifra fissa, odiosetta davvero, che i gestori dei cellulari applicano quando ricarichiamo la nostra scheda telefonica.
Ebbene se questa è la strada delle liberalizzazioni di Bersani vorremmo qualcos’altro. Perché il ministro non si impegna a chiedere ai fioristi la riduzione del ridicolo prezzo a cui vendono le calle? E ancora, Sua eccellenza, non le sembra eccessivo dover pagare in cifra fissa e separata l’optional dell’aria condizionata su alcune Fiat? Che diamine con il caldo che fa: che si liberalizzi il mercato delle auto e si renda gratuita l’aria condizionata. Non parliamo dei cioccolatini che con fiori e auto si consegnano nella casa dell’amata. Non è giusto, e no e no, che un Bacio Perugina costi quanto una scatoletta di amaro no logo. Ministro ma come le viene in mente? Non pensi mica di recuperare, con tanta demagogia, la simpatia di Beppe Grillo. La madre delle balle qualunquiste è molto prolifica.
Perde in compenso la stima di coloro che invece nella sua voglia riformatrice la considerano una delle poche figure moderne di questo esecutivo. I primi passi, come abbiamo già scritto, sono stati buoni. La liberalizzazione dei farmaci si è rivelata un successo. Quella dei taxi un flop. Ma insomma la presunzione di innocenza liberalizzatrice nell’impianto delle prime mosse del ministero di Bersani c’erano.
Ma quella delle ricariche è davvero troppo. Intanto il settore della telefonia mobile è già ampiamente liberalizzato. Non si tratta di una concessione pubblica, ma di una licenza. Insomma l’intervento su un prezzo in questo campo da parte dell’esecutivo è come la determinazione di un prezzo, appunto, per le calle, e per di più con la determinazione per legge di un listino a seconda dei colori. Tanto che l’autorità sulle comunicazioni vigila e dispone. Ma entrando nel banale merito proprio l’Authority di vigilanza a luglio dell’anno scorso ha fornito qualche numero. I servizi di telefonia dal 1998 al 2005 hanno subito una riduzione di prezzo del 15%. I prezzi generali, insomma l’inflazione, nel medesimo periodo crescevano invece del 17%. E pensate un po’ acqua, luce, e gas (insomma i cosiddetti servizi di pubblica utilità, questi sì gestiti dallo Stato o da sue propaggini più o meno privatizzate) hanno visto nei medesimi sette anni un incremento complessivo del 15 per cento. Allora ministro che facciamo? Proprio nel settore più liberalizzato, che ha compresso maggiormente i prezzi, che ha una concorrenza accanita, che ha un’autorità supervigilante, andiamo a mettere il dito? E poi già che c’era perché invece non ha guardato in casa sua: nelle casse dello Stato entrano ogni anno 600 milioni di una tassa di concessione sugli abbonamenti della telefonia mobile. Forse che gli abbonati sono meno meritevoli dei prepagati?
Ministro quando oggi si troverà a Caserta si rilegga questo passaggio di Dumas sulla gestione della cosa pubblica dei vecchi proprietari, i Borboni: «Eranvi tasse su tutto, e non essendo mai fisse ammontavano o diminuivano a beneplacito e capriccio dell'amministrazione delle finanze. Più d’una volta queste imposte illecite ed inattese hanno cagionato rivolta.

L'insurrezione del 1647 diretta da Masaniello, insurrezione, che mancò poco non diventasse una rivoluzione fu cagionata, ognun se ne ricorda, da una tassa stabilita dal governo spagnuolo sulle frutta e sui legumi, comestibili più d’ogni altro indispensabili al popolo napolitano, dopo i maccheroni».

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