«Gli italiani sono interessati a chi allenerà Juve e Inter più che alla politica» aveva dichiarato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti alla vigilia delle elezioni europee, preoccupato da un possibile astensionismo. Al di là dei risultati, aveva di gran lunga ragione. Gli italiani si riconfermano un popolo di allenatori, che mastica pane, pallone e qualunquismo. Più incline a seguire il calcio che ad approfondire i risvolti della politica, sentita sempre più lontana dalla vita quotidiana. A dirlo non sono solo i sondaggi, ma semplicemente le ricerche che facciamo su Google, gli argomenti che trattiamo sui social, specchio di quel che siamo molto più di un tradizionale exit poll.
Nel 2018 il nome di Cristiano Ronaldo è stato lungamente più digitato sui motori di ricerca rispetto a quello di Matteo Salvini o Luigi Di Maio. E in generale i temi di interesse sono molto più leggeri di quel che si pensi. Ad esempio emerge che siamo più attenti a cercare sul pc il significato della parola «despacito» anziché «Rosatellum», «namasté» anziché «ius soli».
Insomma, è come se per tutto l'anno studiassimo per diventare perfetti animali da conversazione con i vicini di ombrellone. Sostenendo - con una buona dose di brillantezza, per carità - quelle chiacchiere sulla sdraio intervallate da ghiaccioli e riviste, a panoramica, sul di tutto un po'. Abituati ai post mordi e fuggi, è come se avessimo tarato la testa al livello della tastiera e anche nei nostri ragionamenti non andiamo tanto oltre rispetto alla stoccata iniziale, come facciamo con gli interventi di due righe su Facebook.
DIPENDENTI DA GOOGLE
A confermare la nostra superficialità imperante è anche la fotografia scattata dall'ultimo rapporto della Commissione europea sullo sviluppo digitale: ci connettiamo sempre meno per leggere notizie sui siti di informazione (e molliamo il colpo soprattutto quando scopriamo che gli articoli sono a pagamento) tanto che siamo il fanalino di coda fra tutti gli Stati membri, ben 28esimi.
Emerge invece che passiamo il nostro tempo su Internet per scaricare e ascoltare musica, seguire video, film e giochi on line e stare sui social. Ovviamente il dato è in parte influenzato dall'età media degli internauti, decisamente giovani, adolescenti o poco più. Ma l'atteggiamento è comune anche ai trentenni e ai quarantenni che sì, si informano sui siti di notizie, ma spesso a un livello molto superficiale: solo leggendo i titoli (da ri-twittare o ri-postare), senza approfondire.
E d'accordo, non saremo chissà che intellettuali, ma dal rapporto si capisce chiaramente che siamo un popolo empatico (e un po' morboso).
Tra le parole più digitate nel 2018 c'è «ponte Morandi», crollato lo scorso agosto a Genova, così come nel 2017 eravamo tutti preoccupatissimi e incuriositi da «Nadia Toffa», la conduttrice tv colpita da tumore, e dalla vicenda dell'«Hotel Rigopiano», sepolto in Abruzzo da una valanga. Il nome di «Sergio Marchionne», l'imprenditore che ha rilanciato la Fiat morto lo scorso luglio, è stato cercato quasi quanto «CR7» e un po' di più rispetto a «Fabrizio Frizzi», il conduttore scomparso a marzo 2018. Un capitolo a parte meritano i matrimoni, su cui siamo attentissimi: Meghan Markle batte Kate Middleton e se la gioca con la parola «Ferragnez», digitata a ridosso delle nozze della blogger con il cantante Fedez.
«È molto divertente vedere cosa abbiamo cercato on line dando un'occhiata a Google Trend - sostiene Antonio Zoppetti, studioso di linguistica e molto attento ai neologismi, transitori e non della nostra società -. Nella categoria del cosa significa abbiamo consultato il motore di ricerca sulle parole sessista, ipovedente, Lol (acronimo di lots of laughs, tante risate), filantropo e scopofobia (parola di cui Jerry Scotti chiese il significato a un concorrente durante il suo quiz in tv)».
«Ci siamo anche interrogati sulla cherofobia di Martina Attili, concorrente di XFactor che ha affrontato il tema della difficoltà ad essere felici in una canzone. E poi abbiamo chiesto consigli su come fare uno screen shot o cucinare un pancake». Tra le grandi questioni della vita, ci siamo posti domande sui motivi della lite tra Fedez e J-Ax, sul perché Ilary Blasi ha la parrucca e perché Asia Argento è stata mandata via da XFactor. Di contro, non abbiamo minimamente approfondito temi come quello dei migranti, degli sbarchi, della flat tax, su cui i politici fondano il proprio consenso.
GOSSIP DI STATO
Non si dica tuttavia che non siamo interessati alla politica. Ci interessiamo, a nostro modo. Con un occhio più attento al gossip «da ombrellone» che ai tecnicismi. Elisa Isoardi che stira le camicie di Salvini è stata protagonista della rete per un paio di settimane. Abbiamo digitato più la parola «manina», per capire chi si nascondesse dietro le modifiche al testo del decreto fiscale di Luigi Di Maio, più che la parola «Brexit» o «sovranismo». «Il gossip è l'aspetto della politica che ci interessa di più - spiega Zoppetti -. Troviamo più interessante il giallo della manina che la manovra fiscale. Però, anche se le nostre ricerche sono effimere ed evanescenti, stiamo bene attenti prima di dire che siamo un popolo di stolti. Calcoliamo, ad esempio, che i pensionati non sanno nemmeno cosa sia Google e, al contrario, i giovanissimi, non sanno più cosa sia un vocabolario e cerchino tutto on line. Quindi i nostri interessi sui social non sono lo specchio fedele della nostra società. Detto questo, è vero che siamo nell'era della superficialità».
Accantonando per un attimo quel che facciamo al di qua dello schermo e tornando al vecchio metodo dei sondaggi tradizionali, anche una ricerca appena conclusa dal centro studi di Community Group realizzata per La Stampa conferma lo stesso sentore: l'interesse per la politica precipita rispetto a temi legati all'ambiente e all'innovazione che, assieme al senso civico e alla solidarietà, sono gli argomenti che ci interessano di più. O che almeno fanno da sottofondo morale alle nostre chiacchierate. Un secondo sondaggio, effettuato da Semrush, piattaforma per la gestione della visibilità on line, alla vigilia delle elezioni europee, tasta il polso di quanto siamo interessati al voto e all'Europa.
Ovviamente non siamo tra i più entusiasti: il paese che più ha seguito l'evento è stata la Germania, con 33mila ricerche mensili, poi la Francia con 22mila. In coda l'Italia con 21mila. Ci siamo mostrati molto più coinvolti dalle elezioni in Sardegna, che hanno raccolto le attenzioni su web di 84mila utenti. Quindi si potrebbe dire che la politica ci interessa più se è quella di casa nostra.
«Le nostre scelte non sono mai chiare, siamo il paese del Ni - afferma anche il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, nelle sue considerazioni generali sul 31esimo Rapporto Italia - Le grandi questioni che attraversano la vita del Paese sono affrontate con la superficialità e con l'improvvisazione dettate dai tempi della comunicazione. Ogni argomento, anche se di grande rilevanza, viene affidato ad uno spot, uno slogan, un tweet.
Il dibattito pubblico risulta immiserito a causa del declino della cultura dell'ascolto, del rispetto dell'altro da sé e dalla mancanza di una idea di comunità e di un senso stesso dello Stato». E noi finiamo con il comunicare a post. Anche sotto l'ombrellone.Maria Sorbi
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