"Quando Comisso con la rivista Yoga capitanava gli scalmanati e sovranisti di Fiume"

La studiosa ha dedicato un saggio al movimento degli Spiriti liberi, spiegandone le radici e la strategia politica: «Volevano un'Italia nuova E qui nel 1920 lo scrittore elaborò la propria estetica»

"Quando Comisso con la rivista Yoga capitanava gli scalmanati e sovranisti di Fiume"

Stile, ribellismo, autobiografismo, sensualità, politica. Tutto parte e ritorna a Fiume, per Giovanni Comisso, uno dei nostri scrittori più individualisti e anarchici. Giovanissimo fu interventista, volontario nella Grande guerra e poi legionario a Fiume. Impresa alla quale Simonetta Bartolini ha dedicato anni di studio e il suo nuovo libro: «Yoga». Sovversivi e rivoluzionari con D'Annunzio a Fiume (in uscita per Luni).

Yoga è il nome della rivista fondata a Fiume da Comisso e Guido Keller. Un foglio leggendario, che però pochissimi hanno letto...

«Infatti: nel mio libro, in appendice, pubblico la trascrizione integrale di tutti gli articoli dei quattro numeri della rivista, uscita dal 13 novembre al 4 dicembre 1920. Era stampata nella tipografia Miriam, l'unica di Fiume, dove si stampava anche la Testa di ferro. Inchiostro e stampa al risparmio, visto l'isolamento della città. Impossibile sapere in quante copie. Non esiste neppure una collezione completa della rivista, almeno in un archivio pubblico. Ho trovato tre numeri alla Biblioteca nazionale di Roma e tre nel Fondo Comisso a Treviso, per fortuna non coincidenti».

Chi ci lavorava?

«Bella domanda. Era una rivista anonima, i pezzi non erano firmati, se non con dei simboli. Da un numero inviato ai genitori, con la sua firma a mano sopra i suoi pezzi, sappiamo che Comisso si siglava col simbolo dell'infinito. E comunque anche se il direttore di Yoga formalmente era Guido Keller, l'asso dell'aviazione, l'anima era Comisso. E sua è la maggior parte degli articoli».

Cos'è Yoga?

«La rivista di quello strano movimento - l'Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione - costituito a Fiume da quanti si oppongono alla vecchia guardia dannunziana, diciamo così più ragionevole. Loro sono gli scalmanati - secondo un termine di De Felice - ossia quelli che invocano l'azione, che non accettano le vari soluzioni che propongono Fiume come Stato indipendente o cuscinetto, ma vogliono a tutti i costi l'annessione con l'Italia. Sono quelli convinti che da Fiume possa risorgere una nuova Europa ormai corrotta dall'oro, dall'industria e dal ferro della guerra. Sono veri rivoluzionari, che in quel momento guardano alla Russia di Lenin...».

Il movimento Yoga era per l'amore libero, l'abolizione del denaro, tentato dall'ascetismo indiano e dal nudismo. Si è parlato di un'anticipazione del '68.

«E chi lo ha fatto secondo me è caduto in un equivoco. Non basta farsi di cocaina - tutti i piloti in quegli anni la usavano come eccitante - o andare in giro con divise rivisitate e colorate - una cosa tipica di ogni momento successivo alla fine di un conflitto - per farne degli hippy ante litteram. Di per sé non erano neppure futuristi... A Comisso interessavano De Chirico e la Metafisica. Semmai la grande invenzione di Yoga è il sovranismo - di derivazione quebecchese, nato nel 1867 per rivendicare l'autonomia del Quebec francofono dal Canada - cioè una fortissima rivendicazione di Fiume italiana e una battaglia a favore della cultura e della lingua italiane».

Cosa hanno rappresentato Yoga e Fiume nella vita di Comisso?

«Verrebbe da dire: tutto. A Fiume nascono i suoi due libri più belli, Il porto dell'amore e Gente di mare, che poi saranno pubblicati nel '24 e nel '28, interrompendo il diario di guerra, che infatti apparirà più tardi. E, soprattutto, a Fiume Comisso capisce cos'è stata davvero la guerra, si misura con l'impegno politico e civile, ed elabora sulla rivista Yoga la propria estetica e la propria poetica».

E dopo il Natale di sangue del '20, caduta Fiume, cosa fa Comisso?

«Torna a Treviso e comincia a essere Comisso.

Studia, collabora coi giornali, inizia già a pensare alla sua autobiografia, che è forse il suo libro più importante, Le mie stagioni. In fondo, a Fiume Comisso aveva già fatto e pensato tutto quello che doveva scrivere e pensare nella vita».

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