Quando l’AO (Africa Orientale) divenne Aosta

Leggendo il Giornale dell’11 maggio u.s. mi ha colpito l’articolo a firma Fausto Biloslavo riguardante i profughi istriani. Sia pur non direttamente interessato comprendo benissimo il disagio di quelle persone perché anche la mia situazione (al pari sarebbe interessante conoscere) di altri nati in Libia è quasi analoga. Poiché ella ha certamente molti più mezzi di me - in termine di «alte» conoscenze la prego di interessarsi e farmi sapere «dove io sia nato».
Infatti sulla patente di guida sarei nato a Tripoli (Iar).
Sul libretto dell’autovettura è scritto nato a: Libia. Sul foglio complementare: nato a Tripoli (Lt) (Latina?). Sul tesserino del C. F. nato a Libia EE.
Infine sulla carta d’identità rilasciata dal Comune dove risiedo è correttamente riportata la dicitura nato a Tripoli di Libia.
Interpellati i vari uffici titolari al rilascio dei suddetti documenti mi è stato unanimemente risposto che ogni ministero interessato ha i suoi propri cervelloni e atlanti e che a essi si attiene.
Né si deduce che solo il comune di Forlì ha un atlante geografico in regola. In ultimo sul certificato originale di nascita è riportata la dicitura Municipio di Tripoli (Libia provincia italiana).
Potrebbe ella illuminarmi in proposito così tanto per sapere rispondere in modo corretto a chi mi richiede di indicare data e luogo di nascita?


Lei è in buona compagnia, caro Conti. Pensi a tutti i connazionali che al tempo dell’impero risorto sui colli fatali di Roma nacquero ad Addis Abeba o all’Asmara o a Mogadiscio. Poiché nelle registrazioni al luogo di nascita seguiva la sigla AO, Africa Orientale, quando a fascismo morto ma non sepolto si mise mano all’epurazione (uno dei più cretini ed esilaranti impegni della nuova Italia repubblicana), quell’AO divenne Aosta. Poco importava, all’epuratore, che Massaua risultasse così ai piedi delle Alpi (sempre ammesso che avesse una vaga idea di dove fosse Massaua e dove Aosta): l’importante era ripulire e democratizzare la bieca anagrafe del bieco Ventennio.
In quanto a lei, ma come le saltò in mente di venire al mondo a Tripoli, località che evoca sia il colonialismo del bel suol d’amore sia la spada dell'Islam impugnata dal cavalier Benito Mussolini? Ce n’era da mandare in tilt il più attrezzato cervello della burocrazia epuratoria. E infatti lei risulta nato or qui or là, a Tripoli IAR o a Tripoli LT, in Libia EE o in Libia, questa è bella, Provincia Italiana. E non le vengano a raccontare pietosissime storie di «cervelloni» e di atlanti. Chi, italiano, nacque o nasce a New York o a Mosca, a Città del Messico o a Melbourne non ha mai creato problemi ai titolari degli uffici che rilasciano i documenti. In un Paese che semplicemente si dica normale, mettiamo la Mauritania, il suo caso sarebbe stato risolto in men che non si dica: ci vuol poco a scrivere, bello semplice «nato a Tripoli (Libia)» come si scrive «nato a Tricase (Lecce)». Ma noi normali non siamo, caro Conti, noi siamo quelli la menano ancora con la battaglia di Montaperti che da sette secoli e passa accende gli animi di senesi e fiorentini quasi fosse stata combattuta non il 4 settembre del 1260, ma ier l’altro.

Siamo quelli che non hanno perduto una guerra, ma sono stati «liberati»: non chiudiamo mai i conti, cascasse il mondo, e ci trastulliamo con le parole. Inevitabile dunque che uno come lei, nato in luogo politicamente scorretto, ne facesse le spese (ma se avesse detto da subito che Tripoli è quella di Gheddafi avrebbe avuto, mi creda, vita burocratica più facile).

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