L’assessore alle politiche sociali del Comune quando ha dovuto affrontare l’emergenza rom si è messa le mani tra i capelli. «Era fuori controllo. Noi abbiamo preso in gestione una situazione abbandonata a se stessa». Allora era il 2006 e l’amministrazione aveva da anni una convenzione con l’Opera Nomadi per gli interventi di mediazione culturale nelle scuole elementari da 100mila euro. Più un secondo contratto, con la cooperativa sociale di romeni Romano Drom, fondata dal segretario dell’Opera Nomadi, Giorgio Bezzecchi di 125mila euro annui. Per attività di controllo e manutenzione sulle strutture dei campi, monitoraggio, consulenza e programmazione dell’ufficio nomadi, di cui era consulente Bezzecchi per l’appunto.
Ma qualcosa non deve essere andato nel verso giusto, se nel giro di poco tempo dopo l’insediamento, il nuovo assessorato alle politiche sociali ha deciso di rescindere i contratti. «All’inizio ho lasciato fare, poi ho verificato e le cose non corrispondevano - spiega Mariolina Moioli -. Vedevo che non c’era un’equa distribuzione dei bambini rom: una ne aveva 5 e un’altra ne aveva 50. Non ero soddisfatta dell’organizzazione e non c’era un buon presidio. Abbiamo cambiato sistema e i presidi sociali ho pensato di farli nei campi». E da quando ci sono loro, assicura l’assessore, il numero dei bambini rom che vanno a scuola è aumentato di molto. Ma andiamo con ordine. L’Opera Nomadi nasce nel 1963 a Bolzano, nel ’65 diventa nazionale e nel 1970 viene riconosciuta come ente morale nazionale. «È una onlus, senza fini di lucro - dice il vicepresidente Maurizio Pagani -. Non percepiamo uno stipendio, e ora i soldi sono sempre meno. Il nostro bilancio è di 30mila euro». Rom, italiani, rom italiani e rom stranieri, giura Pagani che chi lavora per l’associazione sono tutti volontari e il loro obiettivo è quello di promuovere attività di mediazione culturale e sociale per il riconoscimento e la valorizzazione delle comunità rom e sinti. E però, ammette lo stesso vicepresidente, le mediatrici che hanno lavorato fino al 2007 con il Comune percepivano uno stipendio. «Dieci euro netti all’ora, con un contratto cocopro che veniva rinnovato di anno in anno. Erano ragazze rom che si occupavano della mediazione tra le famiglie zingare nei campi, la scuola e le attività all’interno delle classi». Un progetto unico in Italia, assicura Pagani al quale avevano partecipato anche il Provveditorato e le università Bicocca e Statale.
Mi scusi, ma allora come mai la convenzione è stata sciolta? «La motivazione è di carattere politico. L’assessore può anche dire che non era soddisfatta. È un’opinione legittima. Noi non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. La verità è che diamo fastidio perché abbiamo maturato una conoscenza più completa di altri». A dire la verità, Palazzo Marino non è stato l’unico ente locale a sovvenzionare l’associazione dell’Opera Nomadi. Dalla Provincia, nella passata legislatura, sono arrivati altri fondi. L’ultimo nel 2009 per il sostegno della scolarizzazione, uno precedente nel 2006 per sostenere l’autoimprenditoria delle donne romene nella sartoria. E in passato anche la Regione ha sostenuto la formazione delle mediatrici culturali. « Adesso faremo anche una festa con dieci donne rom che fanno un corso di cucina».
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