Quando gli Usa si credevano un tacchino

Ma che rivoluzione strana, quella che ha portato alla nascita degli Stati Uniti. Una rivolta dove vecchio e nuovo si mischiano inscindibilmente, dove le idee più innovative si innestano senza soluzione di continuità in un pragmatismo eccezionale che evita ogni tipo di deriva ideologica (limitando di molto quelle furie popolari che in altri lidi si trasformeranno in giacobinismo e ghigliottine). Per una panoramica su questo strano brodo di coltura, scritta con piglio divulgativo ma penna agile, ci si può rivolgere all’appena pubblicato Le prime tredici stelle. L’alba di una superpotenza: gli Stati Uniti d’America di Alfredo Venturi (Hobby & Work, pagg. 204, euro16,50).
E se il libro non è caratterizzato da nessuna tesi storica “forte”, ha però il pregio di cogliere bene lo spirito del tempo attraverso i particolari. Tipo: sulla scelta del simbolo nazionale, l’aquila di mare, ci fu da litigare... Se ora ci sembra naturale che il «l’animale totem» dell’America sia lei, con le sue ali spiegate e l’aspetto grifagno, la cosa non andava per niente a genio all’ala moderata e massonica dei rivoltosi, Benjamin Franklin in testa. L’inventore del parafulmine avrebbe voluto un’immagine diversa. Qual era secondo lui il vero animale che incarna lo spirito delle colonie in procinto di diventare ex? Il tacchino, così mansueto, pacifico e calorico (come ben scoprirono gli affamati puritani discesi dal May Flower). Al pacifista Franklin andò male e forse quella del tacchino sarebbe stata una nazione diversa, meno aggressiva.

Ma questo è soltanto un esempio delle spigolature offerte da Venturi, il quale offre infiniti esempi di come quella a stelle e strisce (ci fu da discutere pure su quelle) sia stata una rivoluzione di minutemen (così venivano chiamati i volontari col fucile) capaci di mettere assieme la filosofia con la voglia di non pagare le tasse, l’anarchia antitirannica (ma non per forza antimonarchica) e la determinazione a non perdere la tradizione. Un mix unico, forse irripetibile.

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