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Quando Violante «archiviò» la vicenda coop rosse-Prodi

Giovanardi: l’allora presidente della Camera bloccò una mia interpellanza sulle rivelazioni dell’ex numero uno dell’Iri

Quando Violante «archiviò» la vicenda coop rosse-Prodi

Stefano Filippi

L’episodio risale al 1986, vent’anni fa, prima Repubblica, ma il presidente del Consiglio l’ha riportato di stretta attualità. È stato lo spunto per sferrare un duro attacco a Romano Prodi l’altro giorno a Modena, quando Silvio Berlusconi ha riparlato degli intrecci fra coop rosse e partiti della sinistra. «Prodi quando era presidente dell’Iri favorì le coop rosse», ha accusato. Una storia interessante (Prodi ha già querelato) e con un retroscena poco noto.
La fonte è il ministro Carlo Giovanardi, modenese, che vent’anni fa era capogruppo Dc nel consiglio regionale dell’Emilia-Romagna dove regnava il comunista ora ds Lanfranco Turci, poi passato alla presidenza della Lega delle cooperative e quindi al Senato. Dovevano partire i lavori per la variante di valico autostradale tra Firenze e Bologna, ma tutto era fermo. Così Giovanardi decise di bussare alla porta di un altro democristiano, per giunta emiliano pure lui, che aveva il potere di sbloccare quelle opere: Romano Prodi, presidente dell’Iri dal 1982. In quegli anni l’Iri controllava ancora la società Autostrade.
«Per accelerare le cose andai a Roma con il mio segretario regionale Pierluigi Castagnetti, ora nella Margherita», racconta il ministro. Ma l’incontro fra i tre democristiani emiliani nella sede dell’Iri fu un fallimento: «Prodi ci rivelò che la Regione non avrebbe dato il disco verde per l’avvio dei lavori finché non si fosse concordata la percentuale di appalti da assegnare alle cooperative rosse. E ce lo confidò con la naturalezza di chi accetta quelle logiche».
Giovanardi e Castagnetti presero atto. «Fu una sorpresa apprendere che Prodi tollerava gli appalti sospetti», dice il ministro. Ma il colloquio non ebbe risonanza fino all’estate 1998, dodici anni dopo l’accaduto, quando fu messo nero su bianco da Giovanardi in un’interpellanza parlamentare. Prodi aveva lasciato le stanze dell’Iri per approdare a quelle di Palazzo Chigi. «Appena l’ho sentito scagliarsi contro le deviazioni della prima Repubblica ho preso carta e penna: Prodi non ha i requisiti per ergersi a giudice della Prima repubblica», ricorda Giovanardi.
Il testo era esplicito. Menzionava date, luoghi, nomi e spiegava che «il mancato assenso della regione Emilia-Romagna» era «condizionato da una trattativa con l’allora presidente della giunta, Lanfranco Turci, sulla percentuale di appalti da assegnare alla Lega delle cooperative». Giovanardi chiedeva «in quali sedi e con quali logiche avvenissero tali trattative e i motivi per i quali all’epoca il presidente dell’Iri le ritenesse un fatto naturale e scontato».
Ma il presidente della Camera, il diessino Luciano Violante, respinse gli interrogativi di Giovanardi.

Con una nota del 22 luglio 1998, il segretario generale di Montecitorio Mauro Zampini comunicò al deputato del Ccd che «il presidente della Camera non ha ritenuto ammissibile l’interpellanza da lei presentata in data 17 luglio 1998 in quanto i quesiti ivi formulati si riferiscono a questioni che non possono essere ricondotte entro l’ambito di competenza del governo in carica». E sugli appalti alla Lega scese il silenzio.

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