Cultura e Spettacoli

Ma quanto è musicale il pensiero

Va’, pensiero! Dopodiché applausi e silenzio. Quando il pensiero va, però - se ne va: via - capita che lo segua la musica. O quando, nel caso più felice, fila dritto a pieni giri e a gonfie vele, la musica lo accompagna e lo sospinge. Meglio fare qualche esempio. Riavutosi dall'effetto della mescalina, lo scrittore belga Henri Michaux annotava: «Frasi volate via, senza le parole, senza il senso... Che cosa resta allora?». Restano ritmi, ritornelli, «modulazioni dall'acuto al grave»: astratti da tutto eppure udibili e riconoscibili. Tanto che l'autore allucinato vi riconobbe - racconta nel suo libro più famoso, Conoscenza dagli abissi, appena tradotto da Quodlibet - passi delle Trois Petites Liturgies de la présence divine di Olivier Messiaen.
Ma sondando i limiti estremi della percezione e della coscienza, senza bisogno di stimolanti o allucinogeni, si osservano altri fenomeni «stupefacenti». Come quello descritto dalla scrittrice pellegrina Edith de la Héronnière in cammino sulla via di Sant'Iago diretta a Compostella. Scandito dall’alternanza dei suoi passi come evocato dal tocco di un metronomo, ecco venirle in testa «dal fondo del XVI secolo», un giro di versi di Du Bellay. Com’era più? «Il ritmo c'è, ma le parole non vengono». Intanto un picchio verde, aggrappato al tronco di un carpine, «batteva col becco la stessa cadenza della poesia» che, voilà, torna in mente all'improvviso completa di rime e strofe. Un vuoto di memoria riempito di note prima che di frasi.
Per dire come la nostra mente sia musicale prima e più profondamente che razionale. Del proprio fondo di musica il pensiero può anzi avvalersi per farsi «vero, chiaro, intrepido, vivace, ridente», nota l'autrice normanna della Ballata dei pellegrini (Sellerio): allora «esce dalla sua tana e si mette in moto». Va', pensiero!: è il titolo dell'importante sezione che la Biennale di Venezia, nell'ambito del 50° Festival internazionale di musica contemporanea, dedica al dialogo tra «Musica e filosofia». Da martedì 3 ottobre (ore 11, nella chiesa di San Vidal), si impegneranno a «Pensare la musica, ancora» i filosofi Massimo Cacciari, Emanuele Severino e Massimo Donà a confronto con il compositore Giacomo Manzoni e alla presenza del direttore del festival Giorgio Battistelli, del curatore degli incontri Stefano Catucci e del moderatore Antonio Gnoli. Il ciclo proseguirà con gli interventi di Massimo Carboni, Daniele Goldoni, Michael Lévinas su La musica e le arti fra tecnica e natura (mercoledì); di Remo Bodei e Friedrich Cehra su Ordine e pathos nella musica (giovedì) e di Enrico Ghezzi e Beat Furrer sui rapporti fra Musica e Immagine (venerdì).
L'iniziativa è d’interesse tanto maggiore quanto più è raro veder messo a tema ed eseguito con gli strumenti della filosofia il pensiero della musica: ovvero il pensiero che per la sua intima natura è sempre musicale. Un titolo di recente pubblicazione va, a questo proposito, assolutamente segnalato: la Filosofia della musica di Massimo Donà (Bompiani 240 pp., 8 euro). Filosofo di professione (professore ordinario, insegna Teoretica all'università Vita-Salute del San Raffaele di Milano), musicista per passione (trombettista jazz, ha inciso quattro dischi da Caligola Records), l'autore risale alle origini naturali e storiche del pensiero e del suono. L'uno e l'altro nacquero dal silenzio come un canto, notarono Charlie Parker e Beethoven sintonizzandosi sul cinguettar degli uccellini. L'uno e l'altro, dalla grecità antica alle avanguardie, si modularono in infinite variazioni aspirando a ritornare a quel silenzio. Senza mai tacere del tutto però. A meno di non fare la figura dell'orchestra che Jorge Luis Borges - racconta nelle sue lezioni su La Biblioteca inglese (Einaudi) - sentì in concerto a Parigi negli anni ’60. Gli esecutori restarono immobili e muti per tre quarti d'ora di spettacolo: scelta di comodo più che di gusto, commentava il poeta che si augurava di ascoltare un silenzio «eseguito da tre bande militari».

Così invece, concludeva, si schivano le idee, «si evitano gli errori e si prescinde da ogni conoscenza della musica».

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