Quattro razzi lanciati da Gaza su Israele fanno vacillare la fragile tregua con Hamas

Gli attacchi, che hanno provocato feriti a Sderot, rivendicati dal Jihad Islamico

Per deciderlo ci sono voluti mesi di negoziati. Per infrangerlo sono bastati cinque giorni. Da ieri pomeriggio il cessate il fuoco di Gaza, siglato da Hamas e Israele con la mediazione egiziana, è di nuovo un’incognita. A cancellare la tregua - o a renderla assai precaria - ci hanno pensato i militanti del Jihad Islamico responsabili del lancio di quattro missili che, ieri pomeriggio, hanno ferito due civili israeliani a Sderot.
Subito dopo l’attacco Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas, s’è affrettato a scaricare ogni colpa sui cugini del Jihad Islamico ricordando che «Hamas è deciso a rispettare gli accordi». Agli occhi degli israeliani la precisazione rischia di contare ben poco visto che l’organizzazione integralista, egemone sulla Striscia da oltre un anno, si è impegnata, firmando la tregua, a controllare anche i militanti di tutte le altre fazioni.
«Questa è una lampante violazione della tregua che ci impone di soppesare tutte le opzioni a nostra disposizione», ha fatto dichiarare ai portavoce Ehud Olmert alludendo alla possibilità di un’imminente rappresaglia. Il premier era appena rientrato da una trasferta a Sharm el Sheik decisa per affrontare con il presidente egiziano Hosni Mubarak le questioni relative al cessate il fuoco e al negoziato per la liberazione di Gilad Shalit, il militare israeliano da due anni nelle mani di Hamas.
Per il Jihad Islamico i lanci di missili su Sderot, preceduti in mattinata da un colpo di mortaio, sono l’inevitabile rappresaglia per la morte di un proprio comandante militare ucciso, assieme a un esponente di Hamas, durante un’incursione dell’esercito israeliano in un appartamento di Nablus. L’operazione, messa a segno al di fuori di Gaza e dunque irrilevante rispetto agli accordi sulla tregua, si è resa necessaria - secondo l’esercito - per prevenire un attentato in una città israeliana. I corpi crivellati di colpi di Taker Abu Rali, comandante del Jihad Islamico e del 24enne Iad Hanfar, militante di Hamas, sono stati ritrovati in un appartamento pieno di armi e munizioni non lontano dall’università di An Najah.
L’improvviso deteriorarsi della situazione rischia di compromettere le trattative per lo scambio di Gilad Shalit in pieno svolgimento in un albergo del Cairo dove i mediatori egiziani fanno la spola tra le ali dell’edificio occupate dalle delegazioni di Hamas e Israele.
Nel vertice di Sharm el Sheik di ieri mattina il presidente egiziano Hosni Mubarak si era impegnato a garantire la chiusura del valico di Rafah fino al termine dei colloqui per la liberazione di Shalit.

I genitori del militare israeliano, temendo che la tregua consentisse ai rapitori del figlio di trasferirsi in territorio egiziano assieme all’ostaggio, avevano inutilmente chiesto alla Corte suprema israeliana di bloccare il cessate il fuoco. La Suprema corte aveva già detto «no», ma a dare una mano ai preoccupati genitori ci hanno pensato, stavolta, gli irriducibili militanti del Jihad Islamico.

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