Quei dribbling sospetti del senatore piddino per salvare il Ravenna

nostro inviato a Ravenna

C’è una realtà, nella città dove sono sepolti Dante e Teodorico, in cui si concentrano gli interessi economici e politici locali. È il Ravenna calcio, salvato una decina d’anni fa dal fallimento e ora a metà classifica in Lega Pro, ex serie C1, dopo una breve permanenza anche in serie B. Presidente onorario è il senatore Pd ed ex sindaco Vidmer Mercatali, spesso in tribuna raggiunto dal sostituto procuratore Gianluca Chiapponi, pm nella procura di Ravenna. Il presidente Gianni Fabbri, imprenditore partito dal nulla, è il numero uno del gruppo Ecis, leader nell’impiantistica elettrica.
Nel lungo elenco di sponsor «semplici» figurano le maggiori realtà imprenditoriali cittadine, tra cui coop e imprese di costruzioni tra cui la Gama del Gruppo Nettuno. Una coop di costruzioni ravennate, Iter, che verserebbe in incerte condizioni finanziarie, è invece tra gli sponsor istituzionali assieme a Unicredit (finanziatore degli investimenti a Marinara). Infine, tra gli sponsor ufficiali compaiono un colosso della cooperazione come Cmc (Cooperativa muratori cementisti di Ravenna) e il porto turistico di Marinara, controllato al 70% da Cmr e coinvolto nel crac della coop. Anche la società giallorossa è tra i creditori di Cmr e società controllate: nel bilancio al 30 giugno 2010 risultano da riscuotere 60mila euro da Cmr, 384mila da Seaser e 12mila da Marinagest.
La sponsorizzazione del Ravenna calcio è particolarmente ambita. Addirittura viene subordinata al rilascio di autorizzazioni per la costruzione di un grosso impianto che produce biodiesel ed elettricità. La vicenda è contenuta in una lettera di intenti di una società del gruppo Setramar il quale avrebbe garantito alla squadra un contributo di 1.500.000 in quattro anni sempre che le autorizzazioni per l’impianto fossero arrivate entro una certa data. Curioso che gli investitori si preoccupino di sostenere il Ravenna prima ancora di essere operativi con il biodiesel (e quindi non potendo ancora dedurre i costi di sponsorizzazione).
Ma è curioso anche un altro aspetto, cioè l’inconsueta gestione del settore giovanile. Esso è finanziato utilizzando la sigla di un’associazione sportiva dilettantistica nata nel 2004 (i Giovani Leoni giallorossi) la quale può godere di una serie di agevolazioni fiscali dalle quali sono escluse le società professionistiche. I dilettanti possono poi ottenere contributi dalle fondazioni bancarie, che invece non possono sponsorizzare società di capitali con fini di lucro.
In particolare, in sei anni i Giovani Leoni giallorossi (hanno ottenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna 285mila euro a fondo perduto) non portano sulle maglie il nome della loro associazione, ma quello del Ravenna Calcio. Dopo il fallimento dichiarato nella stagione 2000-2001, questa operazione ha contribuito a rimettere in piedi la società aggirando le normative sportive e fiscali. Ciò è avvenuto con il sostegno della politica e della finanza locale. E tra le proteste delle altre società dilettantistiche, costrette a giocare in condizioni di inferiorità perché con loro le fondazioni bancarie non sono così generose. I Giovani Leoni formalmente sono staccati dalla società di Lega Pro ma di fatto ne rappresentano il settore giovanile.

Preparatori e allenatori delle giovanili del Ravenna non sono pagati dalla società maggiore per la quale sono tesserati davanti alla Federazione ma dai Giovani Leoni, il che consente loro di ottenere maggiori esenzioni fiscali nei rimborsi spese. E nei bilanci del Ravenna calcio spicca l’assenza dei costi legati ai tecnici del vivaio.

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