Politica

Quei «teoremi» dei media italiani sulle bacchettate di Washington

Prima dell’intervento della Rice, la colpa era dei «falchi» o della Cdl

da Roma

Un disappunto vero, quello degli Usa sulla vicenda Mastrogiacomo, ancorché inizialmente affidato alle dichiarazioni di fonti del Dipartimento di Stato che hanno voluto restare anonime. L’ufficiosità dell’esternazione ha fatto sì che i media italiani ne mettessero in discussione la veridicità fino a quando il portavoce di Condoleezza Rice, Sean McCormack, non ha ribadito che «gli Usa non negoziano con i terroristi».
E così ai lettori del Corriere ieri sono state proposte due versioni. La prima, stilata dal corrispondente da Washington, asseriva che «l’incidente diplomatico è attribuibile a un colpo di coda dei falchi», ossia alla parte dell’amministrazione Bush più propensa a un peacekeeping militare. La seconda ipotesi, invece, trapelava dai corridoi di Palazzo Chigi e indicava in un fantomatico esponente filoamericano della Cdl il suggeritore occulto della manifestazione di disappunto.
Entrambe le tesi sono state riprese anche dalla Repubblica, per mano del vicedirettore Massimo Giannini (interlocutore privilegiato di Massimo D’Alema; ndr) il quale ha sollevato pure una terza questione sostenendo la possibilità che «tutto nasca dal disappunto di Tony Blair» irritato per la liberazione di un prigioniero talebano che avrebbe ucciso un soldato britannico. Non ha fatto eccezione la Velina Rossa, foglio del dalemiano Pasquale Laurito, che ha imputato l’affaire alla voce di un «anonimo diversa da quella ufficiale della Rice» giacché «non è possibile che quanto avvenuto in Afghanistan si sia svolto senza il parere americano».
L’Unità, ha preso le difese di D’Alema non accreditando completa autonomia alle esternazioni da parte Usa. La Stampa ha sottolineato come la nota «non fosse un rituale richiamo all’ordine» collegandola all’iniziativa dei sei ambasciatori che scrissero una lettera per sollecitare la prosecuzione dell’impegno italiano in Afghanistan.

Le parole di Sean McCormack hanno invertito la prospettiva restituendo alla vicenda la connotazione di ennesimo incidente di percorso del governo Prodi nelle relazioni con gli Stati Uniti.

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