Cronache

Quel profumo buono delle case di riposo che fa rivivere la politica

Quel profumo buono delle case di riposo che fa rivivere la politica

(...) E qui la novità sta nell’avverbio, nell’«ovviamente». Perché testimonia della nuova aria che si respira nel Pdl. Un tempo, ognuno sarebbe stato attento a circoscrivere la propria iniziativa, in modo di non far entrare forze nuove e magari entusiaste nel partito. Un po’ come avviene nel basket: il blocco che impedisce di fare canestro. E poco contava che il canestro fosse a favore della propria squadra; l’importante era non far entrare in campo nessun altro rispetto ai soliti noti.
Proprio questo è stato uno dei problemi del Pdl in Liguria (e in Italia, credo) negli ultimi anni, anche nei momenti migliori: quello che, anche se si fosse presentato il premio Nobel alla porta del partito per iscriversi, dicendosi pronto a impegnarsi in Parlamento o nella politica, avrebbe rischiato di essere rimbalzato, perché scombinava gli equilibri acquisiti. Così, in compenso, non si sono visti né premi Nobel (un conto è credersi tali, un conto è vincere davvero il premio), né quelli che già erano dentro sono stati invogliati a migliorarsi. Ci sono non pochi parlamentari eletti in Liguria di cui noi stessi, che pure siamo addetti ai lavori, ignoriamo se non il nome, almeno l’operato.
Anche nella Lega funziona pressappoco allo stesso modo e fa male vedere che, quando ancora il trend del Carroccio dava un segno estremamente positivo, con crescite esponenziali in altre regioni anche di non tradizionale insediamento leghista, dall’Emilia alla Toscana, dalla Romagna alle Marche, fino all’Umbria, qui in Liguria si doveva festeggiare sui decimali. E se - ad eccezione della breve parentesi di Edoardo Rixi e dei due sottosegretari Francesco Belsito e Sonia Viale - l’età media dei parlamentari leghisti liguri è la più alta di tutte le rappresentanze del Carroccio a Camera e Senato, evidentemente qualche problema c’è.
Insomma, troppo spesso la mentalità del blocco, del «meno siamo, meglio stiamo», della moltiplicazione delle legislature, è stata la linea guida dell’operato del centrodestra ligure. Frenando, di fatto, chi chiedeva semplicemente di partecipare, di esserci, di dare una mano. Molti senza chiedere niente in cambio.
Ora occorre cambiare marcia. Guardando, ad esempio, anche ai Comuni amministrati dal centrodestra.
Ci sono sindaci, come Claudio Muzio di Casarza Ligure, che sta facendo miracoli, apprezzato da tutti. Che, quando l’amministrazione organizza un evento, va personalmente a pulire la piazza quando la festa finisce. Che è a disposizione dei cittadini a ogni ora del giorno. Che ha messo d’accordo destra e sinistra, in un Comune storicamente amministrato dalla sinistra, prima che arrivasse lui. Ci torneremo nei prossimi giorni perché è un esempio davvero straordinario.
E poi ci sono sindaci, anche in città grandi, che stanno facendo mezzi disastri e che non possono essere ricandidati con l’unica motivazione che «non si può negar loro un secondo mandato». Non servono nemmeno i sondaggi per capirlo, basta camminare per strada nei carruggi dei paesi e rendersene conto. Ecco, di fronte a storie simili, cosa fareste voi? Giochereste per vincere o per dare a un sindaco poco amato la possibilità di fare il secondo mandato? Io, personalmente, giocherei per vincere, riservando al sindaco senza più gradimento delle comode panchine ai giardinetti per riflettere sui propri errori e sulle proprie promesse non mantenute.
Non tutti possono essere come Muzio o come Roberto Bagnasco che, a Rapallo, ha governato bene per dieci anni, talmente amato da essere plebiscitato consigliere regionale. E dico Rapallo perchè è il secondo paese della Provincia di Genova per numero di abitanti.
Anche da questo punto di vista, si sente una brezzolina positiva che soffia sul centrodestra. Non una raffica di maestrale, un refolo. Ora, certo, tutto sta nel non fare appassire questo vento positivo. Nel non fermarsi, nell’alimentarlo.
Quello di questi giorni, potrebbe essere solo un colpo mediatico. Il Ferragosto passato nelle case di riposo come riproposizione estiva della classica Befana dei poliziotti o del Babbo Natale al Gaslini. E, intendiamoci, già così sarebbe un passo avanti rispetto ai piedi a mollo e ai braghettoni ascellari come unica unità di misura della propria politica estiva o, peggio ancora, delle liti furibonde, come quelle che stanno segnando la scelta del candidato sindaco del centrosinistra, ancora avvitato sul tema «primarie sì, primarie no».
Sono perfettamente d’accordo con il vicepresidente del Consiglio regionale Gino Morgillo quando chiede che questa iniziativa non sia isolata e simbolica, ma che venga seguita da atti concreti, come una battaglia sul fondo per l’autosufficienza. Ma, allo stesso modo, nel comunicato in cui Morgillo ha raccontato la sua visita, c’era una frase bellissima. Ed era quella relativa al profumo della casa di riposo, un profumo diversissimo dall’odore di detergente per ospedale che, per anni, ha accompagnato ogni nostra visita fra le corsie di nosocomi, ospizi ed anche ospedali psichiatrici. Quella puzza era il primo segno che scendevamo in un girone di figli di un dio minore.
Insomma, il vero messaggio che arriva dall’iniziativa nelle case di riposo - comprensivo dei bei sorrisi che racconta Michele Scandroglio, con una dolcezza che è nuova per la politica - è ancora più forte, è quello di una nuova politica, di una nuova consapevolezza. E cioè quella di ripartire dagli ultimi, da quelli che troppo spesso sono dimenticati da istituzioni assenti e dalla politica che guarda al suo ombelico. E troppo spesso i nostri anziani si trasformano in «ultimi», magari dopo aver tirato la carretta tutta la vita.
Alcuni dei politici che a Ferragosto erano nelle case di riposo mi hanno raccontato anche loro storie personali. Storie delle loro mamme, delle loro suocere, dei loro parenti ed amici. Storie belle e toccanti che mi hanno offerto visioni molto diverse di quelle, spesso caricaturali, della casta. Contro cui anche noi ci indigniamo, quando è davvero casta.


Ma la scelta di Ferragosto negli ospizi (sperando che a Ferragosto, al 16, al 17, al 18, al 19 e al 20, seguano altri giorni di visite e di impegno) è anche un messaggio: se non guardiamo al nostro passato, alle nostre radici, non c’è alcun futuro.

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