Quel «testamento» genovese offende le parole del cardinale

Quel «testamento» genovese offende le parole del cardinale

Carissimo Direttore, le sempre opportune parole del nostro Cardinale Arcivescovo S.E. Angelo Bagnasco pronunciate recentemente, quale Presidente della Cei, in materia di testamento biologico, mi offrono l'opportunità di modestamente tentare di precisare lo stato delle cose in relazione al fondamentale argomento in interesse.
Già nel discorso ai Vescovi italiani del 22 settembre 2008, il Cardinale Arcivescovo affermò che, a seguito del caso Englaro «è necessario un efficace supporto da parte delle istituzioni, si è ovvero imposta una riflessione nuova da parte del Parlamento, sollecitato a varare una legge sul fine vita che, riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello sesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell'ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso ed il medico, cui è riconosciuto il compito, fuori da gabbie burocratiche, di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza».
Quanto sopra venne purtroppo, e come spesso accade, interpretato per i propri fini da diversi rappresentanti della sinistra, che dimenticarono di completare il pensiero di Sua Eminenza, secondo cui «dichiarazioni - (quelle di cui sopra) - che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell'alimentazione e dell'idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi da terapie sanitarie».
Quanto esposto, condivisibile da ogni uomo di buon senso che abbia a cuore la dignità dell'uomo stesso, anche a prescindere dalla conferma offerta a questo proposito dal dono della fede, è opportunamente, e sotto altro aspetto, correttamente completato dal disegno di legge Calabrò, disegno che intende «nel pieno rispetto del diritto positivo ed in primis della Costituzione italiana, raffermare il valore inviolabile dell'indisponibilità della vita».
È palese infatti che «il soggetto della Dichiarazione anticipata di trattamento non possa in alcun modo esprimere desideri che siano contrari alle norme giuridiche vigenti nel nostro Paese…».
Indispensabile, per concludere, tornare dunque all'ultima dichiarazione del nostro Arcivescovo, secondo cui i registri del testamento biologico istituiti in questi giorni da diversi comuni italiani (compreso quello di Genova) raccolgono le «riserve» della Conferenza episcopale, che li definisce «una fuga irresponsabile in avanti. Non possiamo non avanzare riserve sulla discutibile iniziativa dei registri che si vanno qua e là aprendo, che tendono a precostituire degli esiti al ribasso circa la legge in allestimento, sulla quale invece le forze politiche sono chiamate a dar prova della massima saggezza».
È doveroso allora ricordare che il disegno di legge Calabrò (approvato dal Senato a all'esame della Camera) prevede sì la predisposizione di un registro informatico nazionale, ma di certo non quella di registri adottati da istituzioni locali, e giova confermare che il Legislatore, ovvero il Parlamento nazionale, è l'unico soggetto competente nella materia in interesse.
Inevitabile di conseguenza affermare, senza dubbio alcuno, che iniziative come quella intrapresa dal Comune di Genova hanno l'evidente finalità di esercitare indebite e non accettabili pressioni proprio sull'operato del nostro Parlamento.
Quanto precedentemente esposto dimostra invece, ed ancora una volta, come fede e ragione si trovino perfettamente in sintonia per il bene di tutti gli uomini.


Colgo l'occasione inoltre per porgerti un sentito e sincero ringraziamento per la tua sempre disponibilità e il lavoro che quotidianamente insieme alla tua redazione porti avanti per l'affermazione dei nostri valori e principi. Cordialmente.
*Consigliere Regionale Pdl

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