Brasilia come Parigi. Brasilia dopo Parigi. È nella capitale francese che Cesare Battisti è stato trasformato nell’icona di un Paese irreale: vittima di un’Italia che sembra ancora quella delle Mie prigioni e dello Spielberg di Silvio Pellico. La gauche francese, quella che s’è inventata un’Italia a suo uso e consumo, ha diffuso un’immagine incredibile di quello che non siamo. Fred Vargas, la scrittrice di gialli che è sempre stata al fianco di Battisti, ha firmato un pamphlet in cui sostiene che all’epoca del terrorismo c’erano nelle nostre prigioni 60mila detenuti politici. E il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ha posto l’assassino di Pierluigi Torregiani sotto l’alta protezione della città.
Da sempre la gauche francese compone santini per raccontare la spaventosa stagione degli anni di piombo e i governi, quelli di sinistra ma alla fine anche quelli di destra, si sono comportati di conseguenza consegnando privilegi e immunità ai più sanguinari ricercati della nostra storia recente.
Ci siamo assuefatti alle promesse non mantenute dalle autorità francesi, ma la terra transalpina è tuttora una madre premurosa per i latitanti: gli ex delle Brigate rosse o di Prima linea che sono scappati prima di essere acciuffati. Vive in Francia Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni come mandante dell’omicidio che apre gli anni di Piombo: quello del commissario Luigi Calabresi.
E sempre a Parigi abita indisturbato Walter Grecchi, uno dei protagonisti della giornata di sangue che sconvolge Milano il 14 maggio 1977 e culmina con la morte dell’agente Antonino Custra. Una data purtroppo memorabile perchè nel corso degli scontri viene scattata la foto simbolo di quella stagione cruenta: Giuseppe Memeo a gambe divaricate che spara in mezzo alla strada, con una Milano in formato Beirut.
Oggi i latitanti in terra di Francia sono un centinaio, forse anche meno, ma in passato erano molti di più. Trecento, forse seicento negli anni d’oro, quelli della dottrina Mitterrand. Il presidente socialista tradì l’attesa di giustizia degli orfani e delle vedove che abitavano di là delle Alpi, offrendo riparo sotto il suo mantello regale a decine di terroristi rossi con un baratto piccolo piccolo: l’addio alla lotta armata in cambio dell’impunità. Così è avvenuto per tutti. Uno a uno gli ex, ormai braccati dalle nostre polizie, hanno trovato un comodo rifugio a Parigi e dintorni. Così è successo anche per Battisti. E per lui è scattata pure quell’odiosa campagna di santificazione.
Almeno l’avessero custodito in silenzio, come un segreto imbarazzante. No, perchè gli Henri Levy, i Morin, i Pennac hanno pizzicato le corde dell’indignazione, della passione civile, infine della beatificazione di una stagione che è stata solo una colossale tragedia. Battisti ha scritto i suoi noir, ha trovato editori prestigiosi, sponsor e amici di rango. Intanto, all’inizio del nuovo secolo la dottrina Mitterrand veniva ufficialmente sepolta, ma in realtà il funerale non è mai stato celebrato e l’ubriacatura intellettuale, quel misto di spocchia e di provincialismo cosmopolita, è continuata.
L’11 settembre 2002 il guardasigilli Roberto Castelli e il suo collega Dominique Perben si trovano a Parigi per stilare una lista ristretta di ex da rimandare in Italia. Inutile fare la guerra al passato, meglio concentrarsi sui casi più spinosi. Ma l’elenco resta un pezzo di carta. Dei 94 italiani che sono stati arrestati e poi liberati dalla polizia francese dal 1982 in poi solo uno è stato spedito in Italia: Paolo Persichetti, rimandato a Roma sulla base di un presunto, e in realtà falso, coinvolgimento nel delitto Biagi.
Quando tocca all’ex Br Marina Petrella, ergastolana, si mette di mezzo la première dame Carla Bruni che convince il marito: la Petrella è malata. E le ragioni umanitarie prevalgono.
Per Battisti va anche peggio: Parigi gioca di melina, il caso si avvita per anni, poi quando il Consiglio di Stato sta per decidere l’estradizione intervengono i servizi di sicurezza: a Battisti vengono consegnati due passaporti falsi. E una destinazione sicura: il Brasile. Saranno le frange più estreme del partito dei Lavoratori di Lula a completare l’opera iniziata sulle rive della Senna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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