Se i democratici giocassero, tra loro, a «chi non ha peccato scagli la prima pietra», rischierebbero di auto-lapidarsi. Sì, perché i politicamente diversi del Pd, quelli che oggi sono in imbarazzo per i compagni nei guai con le procure e che invocano un bel «check up» interno al partito per fare pulizia, proprio privi di scheletri, anche piccoli, non sono. Ed ergersi oggi a moralizzatori senza peccato, alla fine, può rivelarsi un boomerang.
Ne sa qualcosa Silvio Sircana, senatore Pd ed ex portavoce del secondo governo Prodi, che appena qualche giorno fa, dalle colonne del Corriere della Sera, ha tuonato sulla necessità di moralizzare il partito, e che ieri si è ritrovato messo alla berlina per una consulenza data, nel 2006, dallallora presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, a una società che si chiamava «Sircana & partners srl», e non per caso, visto che era stata fondata proprio dallo stesso Sircana, in società con la moglie. Poca roba, appena 60mila euro per il Festival della città metropolitana. Poca roba, ma imbarazzante, ora che su Penati si sono accesi i riflettori della Procura.
A rispolverare questa vecchia storia leditoriale del Fatto Quotidiano di ieri firmato da Marco Travaglio: «Sircana accusa Travaglio invoca un non meglio precisato check up morale: sbagliamo, o è lo stesso Sircana che nel giugno 2006, quandera portavoce del secondo governo Prodi, ottenne dalla giunta provinciale di Milano presieduta da Penati per la sua Sircana & partners srl 60mila euro per il servizio di ricerca, ideazione e sviluppo del progetto Festival della città metropolitana (come se nessuno dei 2500 dipendenti della Provincia fosse in grado di occuparsene?)».
No, non sbagliava Travaglio. E infatti il senatore Sircana si è risentito e ha replicato a stretto giro con una lettera inviata al Fatto e, per conoscenza, anche a Dagospia. Che naturalmente lha pubblicata. Sircana non smentisce la notizia in sé, non può, perché quella società in effetti è stata fondata da lui e dalla moglie nel 97. Precisa però che nel 2006, lanno della famosa consulenza, lui già non era più socio: «Nel 2004 ricostruisce mi viene offerto di dirigere le attività di comunicazione del gruppo Ferrovie dello Stato. Decido di accettare e di conseguenza congelo la mia quota nella Sircana & Partners, lascio la carica di amministratore e mi dedico al nuovo incarico. Quando, nel 2005, Prodi mi chiede di tornare al suo fianco, mi dimetto dalle Ferrovie e decido che è il caso di cedere la mia quota della società, proprio per evitare fraintendimenti, allusioni o pettegolezzi». La quota finisce sempre in casa Pd, alla Reti di Claudio Velardi, già dirigente del Pci, uomo di DAlema.
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