Cronaca locale

Quella lobby che sgambetta la Madonnina

Esiste una potente lobby anti-Milano. La sua sede principale, ma non l'unica, è Roma. L'orientamento politico prevalente, ma non esclusivo, è di centro-sinistra. Le motivazioni di questa lobby non sono certo campanilistiche, se non marginalmente. Riguardano invece questioni molto concrete: finanziamenti, posti di lavoro, centri di potere che, se vengono a Milano, non vanno a Roma (o a Bologna o a Firenze o a Napoli). La più recente e forse più esplicita operazione di questo movimento «No Milan» è stata descritta nell'articolo con cui Paolo Stefanato ha svelato su questo giornale l'esistenza di un piano per «ammazzare Malpensa», redatto da dirigenti di Adr (Aeroporti di Roma) e Alitalia. In poche parole: salvare la ex «compagnia di bandiera» concentrandola su Fiumicino, lasciando così morire lo scalo lombardo. Un progetto fratricida sostenuto dall'azione politica sotterranea ma martellante che da tempo svolgono Rutelli, ex sindaco di Roma e vicepresidente del Consiglio, e Veltroni, sindaco di Roma ed ex vicepresidente del Consiglio. Recentemente ai due leader intercambiabili del futuro (eventuale) partito democratico si sono aggiunti, col trafelato zelo del ritardatario, il presidente della Regione Lazio, Marrazzo, e il presidente della Provincia di Roma, Gasbarra, oltre a qualche ministro del governo Prodi. Fiancheggiati dai giornali della capitale, naturalmente, ma non solo da quelli: nei giorni scorsi anche il milanesissimo Corriere della Sera, ad esempio, ha dedicato molto spazio a dir male di Malpensa. Un affondo portato in un momento - proprio mentre vede la luce il famigerato piano - che giustifica qualche sospetto: chissà se c'entrano qualcosa certi nessi finanziari (o politici o personali) fra la proprietà del quotidiano e quella di Adr. Il caso Alitalia-Malpensa, dunque, è l'esempio più attuale e appariscente di come agisca la lobby anti-Milano e quello che meglio ne dimostra il funzionamento.

Ma è anche un avvertimento per quanti si fidano un po' troppo di «tavoli» intorno ai quali si rischia di parlare tanto e concludere poco. A proposito, che fine ha fatto la famosa «legge per Milano»?

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