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Quella scintilla che ha riacceso Berlusconi

L’ultimo scudetto della famosa collezione milanista è nato grazie a una scintilla che ha rimesso in moto la vecchia passione di famiglia. La scintilla scoccata tra Silvio Berlusconi e il Milan, complice il cambio del tecnico con l’addio a Leonardo e l’arrivo di Massimiliano Allegri

Ci fu lo scudetto della rivoluzione copernicana, il primo e unico griffato da Arrigo Sacchi, collezionista di successi in giro per il mondo e quelli, 4 in 5 anni, messi insieme da Fabio Capello, iscritti d’ufficio all’era della restuarazione. Poi toccò ad Alberto Zaccheroni centrare l’obiettivo al primo anno con una squadra tutt’altro che super carrozzata senza mai riuscire a costruire un rapporto cordiale con l’inquilino di Arcore: ne pagò le conseguenze, inevitabili, al primo naufragio, in Champions. Infine fu Carlo Ancelotti, col tigre di Kakà nel motore, a regalare il triangolino della passione alternando il suo “alberello di Natale“ col classico disegno preferito da Silvio Berlusconi, Kakà più due punte. L’ultimo scudetto della famosa collezione milanista è nato grazie a una scintilla che ha rimesso in moto la vecchia passione di famiglia. La scintilla scoccata tra Silvio Berlusconi e il Milan, complice il cambio del tecnico con l’addio a Leonardo e l’arrivo di Massimiliano Allegri. La loro intesa è stato il primo dettaglio che ha riaperto il cuore dei tifosi alla speranza.

Grazie a quella scintilla, il Milan tornò sul mercato, a fari spenti e in modo prepotente, col passo del protagonista. I segnali precedenti erano tutti di un certo tipo: voci ricorrenti sulla cessione del club, pochi i fondi a disposizione di Galliani, necessario il ricorso a qualche prestito. Certo, il vice-presidente fu abilissimo nell’allestire la trattativa decisiva, Ibrahimovic cioè: firmata a fine agosto, preparata in largo anticipo, pagamento diluito in tre anni, a rate insomma come i nostri nonni con i primi elettrodomestici. Dopo la scintilla che rimise in moto l’amore di Berlusconi per il Milan, arrivò la grande intesa tra il presidente e Allegri. E così dopo quel po’ po’ di sontuosi investimenti estivi, ecco l’altra svolta maturata a gennaio, in occasione della riapertura invernale del mercato. Con Ambrosini e Pirlo ai box, Zambrotta finito sotto i ferri e Inzaghi spazzato via da un incidente al ginocchio, il Milan ottenne il via libera dall’azionista per colmare le tante lacune. Fu una genialata l’idea di arruolare Van Bommel, in rotta con Van Gaal al Bayern. Fu un’astuta mossa inserirsi nel contenzioso tra Cassano e la Samp. «Senza questo aiuto da parte della società non avrei vinto» il riconoscimento pubblico dello stesso Allegri.

Il merito va ascritto dunque alla società, allora, seguito dalla scoperta di un allenatore che poteva finire stritolato dal gran numero di prime donne e influenti campioni, tipo Ronaldinho considerato il pupillo di Silvio Berlusconi e invece rivelatosi un precettore inflessibile. Ha fatto scelte impopolari senza subire scosse telluriche sotto la sua panchina, mai discussa, mai in bilico nonostante si ritrovasse all’esordio in un club dalle ambizioni dichiarate.

Grazie allo scudetto, gli hanno già perdonato l’eliminazione in Champions dal Tottenham. Tra qualche mese non se la caverà così. Ma gli basterà coltivare l’eccellente rapporto con Berlusconi. «Non devo chiedergli niente, ci penserà lui da solo» la sua chiosa. Il livornese ha imparato al volo la lezione.

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