da Milano
La Fininvest non comprò la camera di consiglio che ribaltò i destini della Mondadori. La Procura di Milano, ora smentita dalla corte dappello, la pensava però diversamente e questo sulla base di voci non meglio definite e di un presunto colloquio fra un avvocato e il presidente della Consob, pronto però a smentirlo. Ma chi erano le fonti che avevano suggerito la pista dei giudici corrotti al Pool? Naturalmente i vertici del gruppo De Benedetti, insomma gli sconfitti, almeno in quella fase, nella guerra di Segrate. Il 28 gennaio 1998, Carlo Caracciolo, oggi Presidente del consiglio damministrazione del gruppo editoriale lEspresso, esterna al pm Ilda Boccassini i suoi dubbi, in verità tortuosi: «Confermo di aver riferito allingegner De Benedetti di aver saputo da ambienti forensi la circostanza che la sentenza di secondo grado del Lodo Mondadori era stata redatta nello studio dellavvocato Acampora». Quali erano questi ambienti forensi? Curioso, Caracciolo non si ricorda chi gli diede una notizia così importante, addirittura decisiva: «Nonostante gli sforzi che io abbia fatto in questo periodo per ricordare chi materialmente mi diede la notizia non sono riuscito a ricordare». Peccato. Caracciolo però estrae dalla memoria un altro episodio: «Lavvocato Vittorio Ripa di Meana mi riferì di aver saputo da Bruno Pazzi, che allepoca era presidente della Consob, che la corte dappello avrebbe deciso in modo sfavorevole a noi. Questa notizia venne data a Vittorio Ripa di Meana e successivamente a me ancora prima che ci fosse il dispositivo della sentenza».
La Boccassini prova a fare un passo in più convocando Ripa di Meana: «Confermo di aver segnalato allingegner De Benedetti lepisodio relativo allavvocato Acampora». Ma chi aveva spifferato la confidenza a Ripa di Meana? «Nel senso - prosegue lui - che ho riferito di voci che mi erano giunte allorecchio in quel periodo». Da dove? Mistero. Ripa di Meana non lo spiega. Fa solo il nome di Pazzi: «Pazzi mi disse che la sentenza sarebbe stata a noi sfavorevole. Restai allibito». Pazzi, prontamente interrogato dalla Boccassini, nega su tutta la linea: «Escludo di aver riferito a Ripa di Meana la confidenza che mi si attribuisce. Non è vero che gli dissi che lesito del ricorso sarebbe stato sfavorevole a De Benedetti. Non so per quale motivo Ripa di Meana riferisca cose inesatte».
Non importa. Il processo, prima azzerato dal gip Rosario Lupo, in seguito decolla. E il 28 gennaio 2002 è lingegner Carlo De Benedetti a rilanciare in aula; prima riporta il presunto dialogo fra Pazzi e Ripa di Meana, poi aggiunge: «Ripa di Meana mi spiegò che la sentenza costava 10 miliardi e aggiunse che il presidente della corte dappello Carlo Sammarco sarebbe andato alla Consob». Dieci giorni dopo, il tonfo. Nella stessa aula, Ripa di Meana contraddice lIngegnere. La tangente da 10 miliardi? «Pazzi - è la risposta - non me ne parlò».
Solo questo. Ora la corte dappello ha capovolto il verdetto del tribunale e spedito tutto in archivio.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.