Quelle manovre di Veltroni che scuotono la Quercia

Il sindaco sul partito democratico: «Se deve essere la somma di Ds e Dl non c’entra niente»

Luca Telese

da Roma

Intanto, mentre la polemica infuria, lui se ne sta ad Auschwitz, dove accompagna (come ogni anno) gli studenti delle scuole romane. La sua intervista domenicale a La Repubblica è esplosa nel dibattito politico del centrosinistra come una bomba a orologeria, ma il sindaco è irraggiungibile, lontano, fuori dal tritacarne e dai bla-bla da Transatlantico. Intendiamoci: che Walter Veltroni fosse da tempo critico con la «fusione a freddo» tra Margherita e Ds era noto da questa estate, quando con dosate esternazioni, il primo cittadino di Roma aveva detto chiaramente: «Così non va». Che considerasse l’operazione troppo lenta, e partitica, era noto dai primi di settembre, quando aveva detto e spiegato, lanciato messaggi politici, anche ai margini della campagna di promozione del suo best-seller La scoperta dell’Alba. Che pensasse alla necessità di una nuova riforma elettorale che prevedesse l’elezione diretta lo aveva già detto, ma in politica repetita non solo iuvant, ovvero aiutano, ma pesano, eccome.
Così da due giorni a questa parte, non si scherza più: dopo l’intervista fiume a Massimo Giannini, quello che prima era solo un malumore politico emotivo, è diventato di fatto una piattaforma alternativa al partito democratico dei segretari di partito, una spina nel fianco per Piero Fassino e Francesco Rutelli (persino per Romano Prodi, che date le difficoltà attuali manda giù qualsiasi cosa, purché il partito ci sia). Le frasi più feroci dell’intervista sono già diventate slogan di tutti quelli che non vogliono digerire l’operazione di vertice: 1) «Se il gioco è solo la somma Ds Margherita il partito democratico non c’entra niente». 2) «Dobbiamo rassegnarci (sottointesa la risposta «no», ndr) all’idea che nel partito democratico non debbano sentirsi a casa propria gli ambientalisti, gli eredi del Psi o quei milioni di cittadini che pur non identificandosi in nessun partito si sentono di appartenenere comunque a questa metà del campo?». 3) «Questa è una operazione che si limita a sommare il 16 e il 9 per cento». Sui dati elettorali una curiosità: Veltroni è così caustico, che pur essendo un appassionato di numeri, dà l’impressione di dimenticarsi che la Margherita era sopra il 10% e i Ds al 17.5% (anche se al Senato i risultati della Quercia sono sempre stati più alti che alla Camera). Insomma, il cambio di marcia è nella piattaforma politica, nei toni, nella scelta dei messaggi da inviare, con una accelerazione che supera la consueta prudenza veltroniana. Infatti, se ad Orvieto il sindaco di Roma aveva smussato la forza critica della sua analisi, adesso diventa di fatto il leader di tutti quelli che sognano un partito democratico senza confini, all’americana, basato sulla democrazia diretta e sulla scelta democratica dei leader. Ad Orvieto il «partito dei gazebo» che aveva fatto infuriare le burocrazie di partito di Ds e Margherita poteva scegliere come sua bandiera la brillante relazione del professor Vassallo, ma non aveva trovato padrini politici. Adesso può contare su un leader giovane (rispetto agli altri), popolare, e - soprattutto in grado di sostenere con successo una battaglia per le primarie. Un bel dilemma per Fassino (notoriamente privo di carisma) e per Rutelli (così indigesto alla base diessina da non avere possibilità).
Data questa situazione era ovvio che una mossa di tale tenore avrebbe finito per spiazzare trasversalmente sia gli interlocutori di «destra» che «di sinistra» dell’Unione. Sentite per esempio Cesare Salvi, il più radical dei diessini: «La critica di Walter Veltroni alle modalità di costruzione del partito democratico - dice il leader della minoranza della Quercia - è la più aspra che abbia fin qui sentito: ipotizza un risultato del 25 per cento per due vecchi partiti, Ds e Margherita, che mettono insieme le loro debolezze, senza alcuna capacità innovativa. A Veltroni però una domanda va rivolta: e allora?». Oppure sentite il capogruppo Verde Angelo Bonelli: «Ci auguriamo che la proposta di Veltroni non sia usata strumentalmente contro Prodi». Per non dire di una rifondatrice come Rina Gagliardi: «Non ci sono dubbi sul fatto che la legge elettorale in vigore sia un'emerita schifezza, una combinazione perversa del peggio del maggioritario e del peggio del proporzionale. Ma per correggerla seriamente - osserva la Gagliardi - serve una discussione vera e la costruzione di una proposta che in qualche modo esprima e sintetizzi diverse posizioni». Una prudente sponda Veltroni la riceve invece da Arturo Parisi («Nessuno immagina che un partito nuovo possa nascere come semplice somma di pezzi pre-esistenti») e un’altra forse interessata dalla vicende interne della Quercia da Gavino Angius («Bene la costituente»).

Ma i veri dubbi sono al Botteghino, dove da ieri tutti si chiedono fin dove voglia arrivare Walter. Perché non c’è dubbio che se Veltroni scalda i motori la prima segreteria che si trova sulla brace, e che dovrà scegliere se sostenerlo o resistergli, è quella della Quercia.

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