«Questi manifesti un’offesa per chi soffre»

Don Colmegna non era contrario alla chiusura di Triboniano, anzi. E non era contrario al Piano-nomadi con cui Palazzo Marino e ministero dell’Interno hanno concepito prima, e realizzato poi, gli interventi finalizzati allo smantellamento dei primi campi. Ora il presidente della Fondazione Casa della Carità avanza dubbi e distinguo. «Ci preoccupano - dice - le urla di chi deve chiudere la campagna elettorale, questo clima inasprisce ancora di più la situazione». Dopo il vertice fra il sindaco Letizia Moratti e il ministro Roberto Maroni, don Colmegna è intervenuto ieri per manifestare il timore che la chiusura del campo nomadi di via Triboniano possa in qualche modo oscurare «un lavoro che deve continuare». «L’esperienza non è chiusa, perché con la mediazione sociale si è ottenuto non uno sgombero, ma un inserimento positivo nella città - ha spiegato Colmegna - dobbiamo continuare a lavorare perché questa esperienza prosegua e si moltiplichi con la cultura dell’accompagnamento». La sua, ha precisato, «non vuole essere una polemica», anche perché «la chiusura del campo la volevamo tutti», ma, ha aggiunto don Colmegna, «la valutazione del lavoro svolto non è da consegnare alla campagna elettorale, perché poi i cittadini si incontreranno dopo il 15 maggio con gli stessi problemi».


Insomma, il sacerdote dei campi nomadi sembra volersi «smarcare» da una decisione che, però, ha condiviso. D’altra parte la sua Casa della Carità in questi anni ha ricevuto negli ultimi 3 anni 4 milioni e mezzo per la sua attività, 3 milioni e mezzo già liquidati e altri 900mila per le attività in corso.

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