RomaE adesso, dicono sul Colle, non scaricate la colpa su di noi. Non mettete in mezzo Giorgio Napolitano, non ci provate nemmeno, non è stato lui a opporsi al decreto anti-crisi da presentare al vertice europeo di Cannes e a sabotare il governo Berlusconi: è stato Giulio Tremonti. E a «provarci», a cercare di coinvolgere il Quirinale, è proprio lex superministro dellEconomia, che non parla, ma che si rifà agli atti ufficiali, cioè al famoso verbale del Consiglio dei ministri del 2 novembre, interrotto alle otto di sera da Gianni Letta che portava la «notizia» dello stop quirinalizio al provvedimento.
Ma la versione di Giulio non trova molte sponde nel Palazzo dei Papi. Pasquale Cascella, in una lettera al Giornale, aveva già respinto questa interpretazione, rivelando come Tremonti quel pomeriggio, prima della riunione a Palazzo Chigi, fosse salito in udienza da Napolitano esprimendo tutte le sue «motivate riserve» sul decreto. Dubbi e ostilità sul «coacervo di norme anche estranee» di fronte ai quali il capo dello Stato non ha potuto che «prendere atto». Ora il Colle conferma: non vogliamo fare da parafulmine alle tensione e alle divisioni della ex maggioranza.
Del resto, che il ministro dellEconomia remasse contro il provvedimento per la crescita, era sotto gli occhi di tutti. Il Cavaliere aveva bisogno di quel dl per dare un «segnale forte» ai mercati e ai partner europei, per dimostrare che lItalia si stava dando fa fare sul serio per aggiustare i conti. Tremonti però ha sempre giocato unaltra partita, ha fatto catenaccio, ha disertato i vertici con gli altri ministri interessati, ha spedito funzionari di medio livello a trattare con Romani, Brunetta, Calderoli. Si era, come lui stesso ha spiegato «messo in sciopero». In più di unoccasione si era scontrato su questo argomento con il premier. Una volta lo aveva addirittura invitato a lasciare Palazzo Chigi: «Devi dimetterti, sei tu il problema dellItalia».
Un atteggiamento esplicito, per certi versi provocatorio, che diventato ufficiale quando in decreto è arrivato sul tavolo del presidente della Repubblica. Un provvedimento cruciale per leconomia italiana e anche per la sopravvivenza del governo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.