Il Raìs e noi, meglio il salvacondotto della caccia all’uomo

Caro Granzotto, non le pare che l’azione pacificatoria e umanitaria dei «Tornado», degli «Euroflights», degli «F15» e dei missili «Cruise» si stia protraendo un po’ troppo? Si sa niente dei civili che siamo stati chiamati a salvare? Mi dica, come la vede?
e-mail

Comincio a essere pessimista, caro Galbo. Molto, anche. È evidente che la situazione sta sfuggendo di mano sia ai così detti ribelli, che manco con l’appoggio della force de frappe sarkozista si muovono di un metro; sia ai «volenterosi» sciolti e a pacchetti; e sia a Obama e alla sua sgangheratissima «Odissey Dawn». L’unico al quale la situazione non è sfuggita, ma se la tiene saldamente in mano, è Belzebù, ovvero Muammar Gheddafi. Il quale dice: vabbé, bombardatemi, tanto io qui resto, nel mio bunker. Quando vi sarete stancati di umanitariamente bombardarmi, cosa vi inventerete? Una azione militare, naturalmente umanitaria, in terra? Verrete a prendermi? Busserà alla porta blindata del mio bunker Sarkozy in persona? Ecco, caro Galbo, a questo ne siamo. Mi dica lei se il pessimismo non è giustificato. C’è poi la questione dei civili dei quali intendiamo impedire, scaraventando dal cielo un uragano di fuoco, il massacro. Se non addirittura il genocidio, come molti, il ciglio umido, hanno detto. Dove sono? Da che parte sono? Piacerebbe vederli. Da quali bombe e missili si devono eventualmente difendere? Da quelli gheddafiani, da quelli dei «volenterosi», da quelli dell’Onu, da quelli della Nato, da quelli di Obama o da quelli dei ribelli («ratti», per Gheddafi)? Mistero. Altro mistero, fitto, grava sui bengasini, i ribelli o ratti asserragliati a Bengasi i quali, così si va dicendo in giro, rappresenterebbero la punta di lancia e il cervello della insurrezione armata. Che seguitiamo però a definire «primavera araba». Qui le domande si sprecano: sono buoni? Sono cattivi? Combattono (umanitariamente) per instaurare in Libia la democrazia parlamentare o un regime islamico fondato sulla saharia (in pratica: la libertà o la negazione della medesima)? Magari, come non pochi commentatori e analisti sostengono, la loro è solo una guerra (umanitaria) di secessione, per staccarsi dalla Libia e proclamare l’indipendenza, il sangiaccato di Cirenaica, chissà. Una mezza dozzina di bengasini li conosce quel gigione di Bernard-Henry Lévy, colui che ha convinto Sarkozy a scendere in campo e, armato fino ai denti, umanitariamente far fuori Gheddafi. Lévy giura che i bengasini sono bravi ragazzi. Poi ha però aggiunto di sperare di non essersi sbagliato nel giudicarli, fermo restando che i bravi ragazzi sono sempre meglio di un «dittatore psicopatico».
Fronte a questo bailamme dove a ben vedere nessuno sa cosa fare e, soprattutto, perché farlo, la nostra speranza è che prevalga la linea Berlusconi. E cioè la trattativa, la santa e democraticamente corretta procedura del dialogo&confronto. Il cui obiettivo è convincere Gheddafi, agitandogli davanti al pizzetto un salvacondotto (che lo metta al riparo anche da eventuali procedimenti presso la Corte dell’Aia, sennò quello ti fa maramao), a mollare. Sua sponte. Non è detto che il colonnello ci stia, ma provarci bisogna. L’alternativa è l’opzione Sarkozy, ovvero la caccia all’uomo e pazienza se l’Onu non l’ha autorizzata.

L’autorizzasse almeno l’Europa, ma lei in questa crisi, l’ha mai vista o sentita, l’Europa, caro Balbo? Dove sono le sue bandiere blu stellate, dove l’Europarlamento, dove i sui Prodi, dove i suoi Princìpi e Valori, con tanto di maiuscola?
Paolo Granzotto

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica