Rai ai tempi dell’Unione: il Tg1 tifa Prodi

Gianni Riotta, nuovo direttore del telegiornale della prima rete, si fa intervistare da New York e liquida Bush come peggior presidente Usa. Il film di cento giorni di informazione non proprio bipartisan

Rai ai tempi dell’Unione: il Tg1 tifa Prodi

Roma - L’ultima performance del Tg1 targato Unione è quella «americana» di pochi giorni fa. Gianni Riotta, in trasferta a New York, viene intervistato da Maria Luisa Busi sul tema della pena di morte a Saddam Hussein. Una modalità informativa un po’ anomala, da salotto radicalchic, scandita da inediti «caro Gianni/cara Maria Luisa», che viene replicata nello speciale serale sullo stesso tema, in cui il direttore dell’ammiraglia informativa di Viale Mazzini si lancia in un giudizio tranchant su George W. Bush liquidato come il «peggior presidente degli Stati Uniti del ’900».
Succede questo ma anche molto altro nella nuova era unionista del Tg1. Sono passati soltanto tre mesi e mezzo ma le prove tecniche d’informazione «indipendente e democratica» avviate dalla nuova Rai «finalmente autonoma dalla politica» hanno prodotto perle difficili da dimenticare. La prima, forse la più macroscopica, è stata l’informazione offerta sulla Finanziaria. Nei primi due giorni dall’approvazione in Consiglio dei ministri, infatti, il Tg1 contribuì a propagandare la tesi di un inasprimento fiscale destinato a colpire soltanto la fascia al di sopra dei 75mila euro. Il messaggio era semplice: è una manovra che porta via ai ricchi e dà ai poveri. Peccato che giorno dopo giorno, nella nebbia dell’informazione Rai, diventasse evidente il fatto che i destinatari dell’inasprimento fiscale sono soprattutto i redditi fra i 28 e i 55mila euro. Una notizia scomoda, imbellettata e ammorbidita attraverso gli stratagemmi di ordinanza. «Il Tg1 e il Tg3» commentava Paolo Bonaiuti «si sono inginocchiati con interviste compiacenti a San Romano e San Tommaso, per propagandare la grande menzogna: quella della Finanziaria dell’equità».
Il film di questi primi cento giorni non si ferma naturalmente qui. Ricordate quando il governo venne battuto al Senato nel decreto di legge sulla giustizia? Se avete la memoria corta è perché, probabilmente, quella sera eravate sintonizzati sul Tg1. L’episodio, infatti, non ottenne la dignità di un titolo e venne trattato dopo 16 minuti. Un caso analogo, ma forse ancora più grave, si verifica sabato 18 novembre. Sfila per le strade di Roma il corteo «pro-Palestina» con il Pdci tra i promotori. Vengono dati alle fiamme soldati-fantoccio israeliani, americani e italiani e risuonano cori agghiaccianti. Ma il Tg1 sceglie l’amore e apre con le nozze di Tom Cruise. A seguire due servizi sulla Finanziaria, poi uno sulla convention dell’Udc a Napoli e un altro sulla Democrazia cristiana. E infine via libera, con il sesto servizio, all’informazione sulla manifestazione di Roma.
Naturalmente nel «curriculum» di questi cento giorni non può mancare l’intervista del 23 dicembre a Palazzo Chigi. Mentre i sondaggi emettono verdetti di condanna pressoché definitiva per l’esecutivo, la voce di Romano Prodi si moltiplica. E, a poche ore dall’intervento a Radio Rai ospite di Antonio Caprarica, il premier diventa protagonista di una sorta di «Serata d’onore» prima con un’intervista al Tg1. Poi con un lungo servizio a Tv7, con il direttore della corazzata giornalistica che si fa accompagnare da Prodi in una passeggiata e in una conversazione cordiale tra la sala del Consiglio dei ministri e la Biblioteca Chigiana.
Il «segno della novità» al Tg1 si fa sentire anche sulle nomine con quattro vicedirettori targati Unione e due del centrodestra di cui uno, Claudio Fico, all’edizione della notte e l’altro, Roberto Rossetti, a Unomattina. A rendere ancora più nitida la fotografia del «nuovo corso» i dati sulle presenze in video. Nello scorso ottobre - secondo il Centro di Ascolto per l’Informazione - ministri e parlamentari dell’Unione ottengono sul Tg1 il 63,83 per cento degli spazi, per 1 ora e 20 minuti complessivi. Al centrodestra va il 33,57 per cento con 42 minuti. A novembre lo stesso Tg1 (dati Isimm) concede all’Unione il 56,2 per cento (escludendo dal conteggio il 3,61 per cento dei presidenti di Camera e Senato) e al centrodestra il 28,58 per cento.

I tasselli del mosaico, insomma, si compongono in una indiscutibile egemonia informativa dell’Unione. E fanno capire che il Tg1 «con le scarpe da ginnastica» di Gianni Riotta corre veloce. Ma sempre in un’unica direzione.

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