La Rai prende Berlusconi a colpi di telefono

La Rai, radiotelevisione italiana, un servizio pubblico di nota imparzialità, completezza e attendibilità, non ha voluto privare i suoi utenti on line (cioè quelli che vanno sul sito Internet della Rai) del documento dell'anno. No, non la collezione delle bocciature internazionali raccolte dal governo Prodi, ma l'arcinota e plurianalizzata telefonata fra Berlusconi e Saccà che ha troneggiato per giorni sul sito di Repubblica.
Il documento è stranoto, non si tratta di uno scoop, e meno che mai ha a che fare con l'offerta di un pubblico servizio. E allora, direte voi, qual è il senso della ri-pubblicazione della banalissima telefonata? È quello che ci chiediamo noi, anche se solo retoricamente perché lo sappiamo benissimo. Il pretesto in grazia del quale il sito della Rai ha caricato e messo a disposizione il doppione di quanto già pubblicato da Repubblica, sta nel fatto che tale documento è stato riprodotto in una trasmissione della Rai, che è per così dire il tempio, il compendio, il monumento delle qualità che elencavamo all'inizio per indicare il meglio del giornalismo: imparzialità, completezza, attendibilità.
Quale potrebbe essere una tale trasmissione se non Annozero di Michele Santoro? Noi abbiamo avuto la possibilità di misurare l'onestà di tale trasmissione quando, alcune settimane fa, da Annozero fu emessa una invettiva, anzi una sorta di rigurgito di fogna (moralmente parlando) di bugie e aggressioni personali, a proposito della Commissione Mitrokhin. In quella circostanza abbiamo misurato la qualità morale di una trasmissione che se ne frega del giornalismo come servizio, ma che in compenso spende tutte le sue risorse - le nostre - per una propaganda unilaterale come arma per una guerra privata, usando rigorosamente denaro altrui. Per quella casamadre dell'informazione onesta, corretta, completa, imparziale e credibile che è la trasmissione di Santoro, è del tutto irrilevante non concedere il diritto di replica a chi è aggredito - come è accaduto a me - mentre è invece una formidabile prova di giornalismo ripubblicare gli scoop altrui, specie se provengono dal self service di alcuni palazzi giudiziari aperti soltanto agli affiliati.
E dunque stiamo assistendo a questo straordinario circuito vizioso: la Repubblica, intesa come giornale, trova sotto l'albero di Natale la cassetta o il cd con la versione audio delle telefonate intercettate e che fanno comodo alla sua linea politica, e la pubblica. La Rai, le cui trasmissioni sono ormai l'ineffabile parodia di un pubblico servizio, le ritrasmette in Annozero, e infine, non ancora satolla, la stessa Rai, tanto per non essere scambiata per la Bbc, ri-ri-pubblica il self service di Repubblica sul suo sito internet.
Questa orgia di informazione limpida e pulita ci inebria: abbiamo giornali con un accesso personalizzato (dispongono di speciale password? che invidia!) per attingere a tutto ciò che può far piacere al loro padrone e trasmissioni senza diritto di replica che replicano però quel che può essere utilmente manipolato a favore di una sola fazione (sempre la stessa, per non creare confusioni). Infine abbiamo l'azienda che una volta si chiamava «Mamma Rai» che proprio nella sua veste globale di azienda e non dietro il paravento delle trasmissioni, si comporta sul suo sito come un partito. Così sia. Abbiamo appreso la lezione di stile e anche la lezione di storia. Quanto manca alla fine di questa legislatura? Mesi, forse un anno. Poi la parola tornerà agli elettori e alle urne. E la parola tornerà anche al nuovo Parlamento che della Rai, deplorevolmente, è l'editore. Ci piacerebbe poter ringhiare che allora faremo i conti e che renderemo pan per focaccia, ma sappiamo tutti che non è vero: quando l'Italia libera e liberale avrà di nuovo stravinto, porgerà l'altra guancia. E se avrà finito le guance porgerà il didietro per farsi prendere agevolmente a calci.


Questa è la tragedia della politica italiana e della sua televisione: la sinistra fa degli italiani carne di porco e lo farà sotto qualsiasi governo, anche se noi seguitiamo a sperare che a suon di nerbate si torni al rispetto delle regole.
Paolo Guzzanti

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