Rampl, il cattolico bavarese che ha conquistato Milano

Il manager 63enne siede anche nel board del Bayern. Arrivato per garantire la fusione con Hvb, ha imparato a conoscere i poteri italiani

Rampl, il cattolico bavarese che ha conquistato Milano

Non sarà facile per Dieter Rampl gestire la fase di transizione che si apre oggi in Unicredit. Ma una cosa è certa: la banca ha trovato il suo presidente.

Non che Rampl non lo fosse già. Ma il 63enne cattolico banchiere bavarese non aveva ancora «sfondato», essendo stato vissuto fin dal suo arrivo, nel 2005, come il necessario complemento all’acquisizione del gruppo tedesco Hvb da parte di Unicredit. Come sempre, in caso di fusione, la governance serve per cucire gli equilibri. In questo caso la presidenza a un «tedesco», in un gruppo a maggioranza italiana, rappresentava una delle garanzie che ha reso possibile la più grande acquisizione di sempre effettuata da una banca italiana all’estero. Così quando Rampl, come azionista, è entrato nel cda di Mediobanca, la sua educata presenza è apparsa a molti come priva del necessario peso specifico da far valere nelle stanze dei grandi poteri italici. Il paragone con uno navigato come Gianni Bazoli, presidente di Intesa, piuttosto che con i predecessori Lucio Rondelli e Carlo Salvatori, completavano un quadro sostanzialmente di debolezza.

Col tempo, invece, Rampl ha iniziato a muoversi con sempre maggiore familiarità tra Piazza Cordusio, Piazzetta Cuccia e Roma. E da figura internazionale un po’ fuori dai giochi, ha saputo farsi apprezzare, per saggezza, educazione ed ironia, anche dai vecchi marpioni dei salotti milanesi, che hanno imparato come potesse svolgere importanti ruoli di mediazione. Il che, con un ceo ispido come Profumo, diventava prezioso. Così è stato nel passaggio dal sistema duale a quello tradizionale di Mediobanca, piuttosto che nelle trattative per il passaggio di Cesare Geronzi da Mediobanca alle Generali. Ma il salto di qualità definitivo è avvenuto in queste ultime settimane, quando nella vicenda della salita dei libici nel capitale della banca Rampl, non essendo stato avvertito da Profumo, ha puntato i piedi dimostrando tutto il suo carattere. Si è smarcato da Profumo non per opportunità, ma per oggettiva difficoltà, non senza amarezza e dispiacere sinceri. Ritrovandosi di diritto oltre di fatto, nuovo punto di riferimento per tutti gli azionisti. Dai tedeschi alle fondazioni, dai privati agli stessi libici. Che gli hanno affidato il compito di studiare il dossier libico per poi rispondere ai rilievi mossi da Bankitalia.

Buon fumatore, originario di Monaco dove si diploma, Rampl entra nella Bayerishe Vereinsbank a 19 anni come trader. A 23 viene spedito a New York dove impara bene le tecniche finanzirie e dove resta a lungo, innamorandosi degli Usa. Fa nascere suo figlio nasce a Washington e compra in Florida la casa dove va tuttora in vacanza. Torna in Germania nel ’87 e scala gli ultimi gradini della carriera in Hvb, prima dell’arrivo di Profumo. Con il quale parla da subito anche di calcio, da tifoso cromosomico del Bayern di Monaco di cui è anche membro del consiglio di sorveglianza. Insieme, Profumo e Rampl, hanno prima conquistato la sponsorizzazione della Champions League. Poi si sono addirittura giocati la finale, tra Inter e Bayern, l’anno scorso a Madrid.

Ora il sodalizio si è rotto e il presidente ha il compito di gestire la transizione più delicata che si potesse immaginare: con i soci agitati, la politica in pressing, il titolo ai minimi e la riorganizzazione della «Banca Unica» in pieno corso. Roba da presidente. E ora Unicredit ce l’ha.

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