Ci sono amori che lasciano orfani. Dopo i quali si è costretti ad avventurarsi a passi da formica verso la propria autonomia. Sono quelli in cui si è trovato tutto: il padre, il marito, il figlio, l’amico, l’amante, il collega... finché ci sono stati. E dopo, non puoi fare altro che trascinarti dietro un cadavere.
Il giorno in cui (il 15 aprile scorso), Raimondo Vianello è morto, per Sandra Mondaini è iniziato il conto alla rovescia. Seduta nella stanza di una clinica sopportando la lentezza agonica di minuti che si rifiutavano di rispettare la somma dei secondi, ha atteso solo di annientare quella distanza. Sapeva solo che era morto. E nient’altro. Ha avuto il tempo (cinque mesi) di sfinirsi, Sandra, e di stancarsi di essere sfinita. A questo le è servito il tempo che l’ha divisa da Raimondo. A questo e a ricordare, a guardarsi nello specchio della sua gioventù e a capire che la sua morte le restituiva inesorabilmente i suoi vent’anni, dei quali a settantanove era ormai stanca. Ha avuto vent’anni tutti i giorni, almeno in un momento di tutti i giorni per tutti questi mesi. Li ha ricordati, reilluminati, riordinati. Poi basta, si è congedata da ogni cosa. Sazia di tutte le risposte. Perché se n’è andata sapendo che tutto ciò che aveva provato in giovinezza era vero.
Dall’infedeltà controllata e mai conclamata, dalla noia controllata e mai conclamata, dalla vicinanza conclamata e mai slabbrata di una storia eterna. È stata una maestra di dosi, Sandra, per tutta la vita. La ricetta ce l’aveva dentro e non ha mai sbagliato una pesata. Ha lavorato con Raimondo, ha vissuto con Raimondo senza mai farsi sostituire in nulla, senza calpestare, senza lasciarsi calpestare. Spalla e protagonista. L’arte era parte della sua vita, della loro vita, dei giorni e delle notti che condividevano, era una casa nella casa, un tempo nel tempo, un cappotto in comune che li proteggeva e allo stesso tempo li isolava dagli altri. Avevano lavorato allo stesso ritmo, solo che era finita. Erano talmente uno che nel ’98, il giorno in cui Maurizio Costanzo organizzò una serata del suo show per celebrare i «tre tenori della tv» (Corrado, Bongiorno, Vianello), nel momento in cui Raimondo si alzò da quella sedia del teatro Parioli per andare a condurre un programma sportivo, al suo posto si accomodò Sandra. Proseguirono con lei. E andò bene così, ripartirono da lei per continuare con lui. Robe da matrimonio in bianco e nero (si sposarono il 28 maggio del ’62). Da unioni in bianco e nero: o ci si sta dentro, e per bene, o niente.
Una vita davanti agli occhi di tutti senza che nessuno sia mai riuscito a stabilire chi reggeva chi, chi era più forte di chi, chi era più importante di chi. Le dosi... Da quando se n’era andato Raimondo, sembrava che se ne fossero già andati entrambi. E sarebbe stato lo stesso anche se fosse stata Sandra a congedarsi per prima. Perché erano, in quanto erano in due. Anche quando Sandra aveva deciso di abbandonare il video, nel 2008, dopo Crociera Vianello, sembrava che in video non ci fosse più neppure Raimondo. Lui in scena e lei anche, lui a casa e lei pure. Insieme sempre. Altrimenti non aveva senso. Non era così che si erano messi a cominciare la vita. E non era così che Sandra aveva voglia di tirarsela appresso. Senza calci e con le lenzuola fredde.
Lei avrebbe voluto dei figli, Raimondo no. E non li ebbero. Se non alla fine, adottandoli. Perché lui aveva fatto pace tardi col pensiero di essere il prossimo di qualcun’altro, oltre che il prossimo di Sandra. E lei aveva passato la vita a massaggiargli quell’istinto con calma, occupandosi dei bambini sparsi per il mondo. Inghiottendo la sua dose di rinuncia. Anche in due andava bene. E nessun altro si è mai messo in mezzo. I tradimenti li hanno portati solo in scena e nemmeno in scena sono mai diventati tali. Non ci avrebbe creduto nessuno e nessuno li avrebbe voluti vedere. Non c’erano, non ci sono mai stati i Vianello pubblici e i Vianello privati: portavano in giro due sole facce ovunque.
Per questo la tv aveva potuto entrare, farci entrare a casa loro. Per il motivo opposto per cui entra in altre case: perché non c’era proprio nulla da scoprire. «Se muori prima tu, sognami» gli aveva detto davanti alle telecamere durante una delle ultime interviste assieme. Lei sempre a rivolgersi solo a lui, lui a fingere di volersi rivolgere solo agli altri. Cinquant’anni a farsi ridere a vicenda. Che è come vincere la Lotteria ogni giorno. Fino al 15 aprile scorso: biglietto scaduto. E allora tanto valeva non giocare più. E senza giocare, tanto valeva non restare più qui.
Sandra se n’è andata con il bottino di un’unione perfetta. Quasi ogni giorno per cinquant’anni.
Non poteva più essere Sandra senza Raimondo. Lui abitava la metà debole dentro di lei. Il nocciolo di certezza che sosteneva la sua metà forte. Ma Raimondo se n’era andato. La sua parte debole ha pianto e la sua parte forte è crollata. Addio anche a te, Sandra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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