Il record di entrate dà fiato al governo e la sinistra prova a dimenticare il deficit

Grazie al super gettito del 2006 la maggioranza punta a recuperare consensi aumentando la spesa pubblica. Ma per farlo deve aggirare una norma prevista dall’Europa


È partita la corsa all’extra gettito. Il dato del deficit 2006 al 2,4% (al netto delle spese una tantum) ha dato fiato a quanti, nella maggioranza e nel governo, puntano a recuperare consenso attraverso la spesa pubblica. La sinistra «estrema» vuole utilizzare le maggiori entrate per aumentare le pensioni minime; sottosegretari all’Economia, come Lettieri, lo vogliono spendere per eliminare l’Ici sulla prima casa; il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, lo vuole spendere per mettere a punto un piano sugli ammortizzatori sociali.
Ma a quanto ammontano le maggiori risorse disponibili? I calcoli verranno ufficializzati entro una decina di giorni con la Trimestrale di cassa. Secondo calcoli empirici, il forte miglioramento del deficit 2006 finirà per migliorare anche il deficit tendenziale e programmatico di quest’anno. Per il 2007 il governo ha fissato il rapporto deficit-pil al 2,8%. Se l’andamento dei conti dovesse confermare il dato del 2006 (cioè, se la dinamica delle spese e delle entrate dovesse essere simile a quella dello scorso anno, così da avere un deficit potenziale del 2,4-2,5%), il governo si troverebbe dai 6 ai 7,5 miliardi di euro da spendere, pur rispettando l’impegno di scendere sotto il 3% quest’anno.
Un salvadanaio non indifferente. E che potrebbe soddisfare le bramosie di chi vuole vedere ridotta l’Ici, ma solo per le famiglie numerose; di chi chiede nuovi ammortizzatori sociali; di chi chiede di aumentare con queste risorse le pensioni più basse.
A riempire il salvadanaio sarebbero ancora una volta le maggiori entrate; che, a questo punto, il governo può giustificare come risultato della lotta all’evasione fiscale, ben sapendo - però - che si tratta di un effetto attribuibile all’allargamento della base imponibile. Ma anche i positivi effetti prodotti dall’andamento dell’economia. Il governo ha previsto per quest’anno una crescita del pil dell’1,3%; e su questa previsione ha disegnato il profilo di finanza pubblica. Nel 2006, la crescita è stata dell’1,9%. Salvo tracolli imprevisti, l’aumento del pil di quest’anno dovrebbe essere dell’1,5-1,7%. Questo miglioramento della crescita avrebbe effetti positivi sul disavanzo, stimati intorno allo 0,2%.
Tutto «grasso» da immolare sull’altare del consenso, pur nel rispetto degli obbiettivi di scendere sotto il 3% del deficit già quest’anno. Il problema che Tommaso Padoa-Schioppa non è riuscito ancora a spiegare bene ai colleghi di governo è che il rispetto degli impegno europei non si ferma ai «numeri»; cioè, a Bruxelles non basta che l’Italia scenda al 2,8-2,9%. Deve rispettare anche il Patto di stabilità e di crescita.


E questo Patto, riformato durante la passata legislatura su iniziativa italiana, dice che tutto il gettito aggiuntivo deve essere utilizzato per la riduzione del deficit, e non può essere speso altrimenti. Come invece vorrebbero fare i colleghi di Padoa-Schioppa.
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