Referendum, alle urne vietato il Giornale

Paola Setti

Sono andati a votare in massa come i vicini lombardi e veneti, l’affluenza è la stessa e si attesta sul 60 per cento. Ma ci sono andati per dire No alla riforma costituzionale del governo Berlusconi, come i lontani pugliesi e siciliani, che pure alle urne si sono recati molto meno numerosi, il 40 per cento circa.
I risultati della consultazione popolare che si è chiusa ieri rafforzano alcune certezze: la Liguria si conferma di centrosinistra, come già hanno attestato le ultime elezioni regionali. Con l’eccezione della solita, bianca Imperia, il cui voto si discosta da quello del resto della regione. Il dato generale è presto detto: affluenza al 58.2 per cento, i No hanno vinto con il 63 per cento contro il 37 di Sì. L’analisi del voto provincia per provincia dipinge una situazione non nuova. La Spezia ha registrato un’affluenza del 60.2 per cento e un risultato netto: 66.9 No e 33.1 Sì. A Genova è andato a votare il 57.7 per cento degli aventi diritto, che al 66.7 per cento ha barrato il No e al 33.3 il Sì. Un po’ meno decise le percentuali di Savona: 60.6 di affluenza, 58.3 per cento di No e 41,7 di Sì. Tutto diverso il dato imperiese: affluenza al 54.4 per cento e vittoria dei Sì, che sono stati il 50.6 per cento contro il 49.4 del No. E il Sì ha vinto anche a Portofino, Rezzoaglio, Santa Margherita Ligure, Santo Stefano d’Aveto, Orero, Moconesi, Cicagna, Gorreto e Lorsica.
Se la campagna elettorale era stata arroventata da polemiche politiche al vetriolo e da atti di vandalismo ai danni del gazebo del comitato nazionale del Sì di piazza De Ferrari, lo scontro è stato durissimo fino all’ultimo minuto di urne aperte. Da registrare la denuncia della Lega Nord: sabato notte un militante ha segnalato ai carabinieri di aver visto estranei all’interno della scuola Italo Calvino di via Borzoli, ma dalla Stazione della zona non sono arrivati militari a controllare. «Ritenendo grave il mancato controllo stiamo valutando un esposto alla Procura della Repubblica perché potrebbero esserci i presupposti per il reato di omissioni in atto d’ufficio e mancata consegna - fa sapere la Lega -. Risulta evidente inoltre il timore che vi possano essere state manomissioni nel materiale elettorale». Atmosfera da anni Settanta anche ai seggi. Alla sezione 337 di Castelletto è successo il finimondo perché un rappresentante di lista di An, Giovanni Ledda, se ne stava seduto leggendo il Giornale. Il titolo di apertura, «Scalfaro non ci sta. Noi sì», ha infastidito due elettori, un uomo e una donna sui 50 anni, che hanno protestato con la presidente, la quale ha invitato Ledda a riporre il quotidiano. Lui che risentito si rifiuta: «Il regolamento non vieta ai rappresentanti di lista di esporre i simboli di partito, figurarsi di leggere il giornale, vorrà dire che la prossima volta verrò col tricolore e con la fiamma», i due che s’infervorano, i carabinieri che si affacciano per tentar di placare l’acceso battibecco, la presidente che infine riesce a convincere Ledda a metter via il Giornale e registra tutto nel verbale delle operazioni di voto.

Scrive la presidente che «il rappresentante di lista leggeva alcuni quotidiani con la chiara indicazione di voto». Ledda chiede precisione e fa aggiungere che «il rappresentante di lista leggeva il Giornale il cui titolo di prima pagina ha urtato la sensibilità di alcuni elettori». Comunque ha vinto il No.

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