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Il regime comunista romeno arruolava i bambini come spie

Circa il 15 per cento degli informatori di Ceausescu aveva fra i 12 e i 14 anni. Oggi sono politici e giornalisti affermati

Marta Ottaviani

Spie già da piccoli. Reclutati dalla polizia segreta per tenere sotto controllo amici e famigliari. Si doveva aspettare il 2006 per scoprire che sotto la dittatura di Ceausescu venivano reclutati dalla Securitate, la polizia del regime, anche bambini fra 12 e 14 anni.
È solo il primo risultato del titanico lavoro di analisi svolto dal Consiglio per lo studio degli archivi della polizia segreta (Cnsas), che dall’inizio dell’anno sta letteralmente setacciando milioni di file per ricostruire la fitta rete di informatori su cui poteva contare il regime. Dal lavoro di 20 universitari capeggiati da Vladimir Tismaneanu, professore all’Università del Maryland, stanno emergendo particolari inquietanti.
L’apice è stato raggiunto alla fine di luglio, quando lo storico Marius Oprea ha detto apertamente e per la prima volta che Ceausescu era solito reclutare le sue spie anche fra i bambini. «A Sibiu per esempio - spiega lo studioso - la Securitate aveva reclutato 830 informatori. Di questi 170 avevano meno di 18 anni. Sulla base di questo dato è possibile affermare che il 15 per cento delle spie era composto da bambini. In particolare i giovanissimi servivano a fornire notizie su amici e persino sulla famiglia. Dovevano riferire le loro opinioni sul comunismo e se in casa veniva ascoltata qualche radio occidentale».
Erano migliaia le spie che avevano il compito di controllare i dissidenti e gli anticomunisti. E qui è arrivata la seconda, clamorosa rivelazione. Molti fra gli appartenenti a quella legione silenziosa, circa 600 persone, oggi fanno parte della classe dirigente del Paese. Ci sono politici, perfino giornalisti, che all’epoca dei fatti erano per la maggior parte studenti universitari.
Il Bucharest Daily News ha scritto in una nota editoriale che un redattore e persino il direttore del quotidiano sono stati inseriti in una nuova lista di spie reclutate dalla Securitate. Fra i nomi più celebri di questo «elenco della vergogna» c’è anche il nome di Carol Sebastian, giornalista di fama nazionale, noto per i suoi forti attacchi al regime. Proprio questo fiero oppositore era stato fino al 1988 una spia della polizia comunista.
Evenimentul Zilei, corrispondente della Bbc, ha dichiarato di essere stato contattato dalla Securitate nel 1985, mentre studiava all’Università di Timisoara, e di essere stato ribattezzato «Max», nome che compare anche negli archivi. Il suo compito era di riferire tutti gli spostamenti di Andrei Bodiu, scrittore e suo amico. In realtà il giornalista era ricattato dal regime e aveva informato lo scrittore della sua situazione.
Fra i politici coinvolti nello scandalo, figurano i nomi di molti ex-ministri. Fra questi il presidente onorario del Partito liberale e già ministro della Giustizia Mircea Ionescu Quintus, che ha ammesso di aver avuto rapporti con i servizi segreti, sottolineando nello stesso tempo di non aver mai fornito notizie che potessero nuocere a qualcuno.
Ma l’attenzione dell’opinione pubblica si è concentrate su Mona Musca, ministro della Cultura fino a un anno fa, da sempre considerata in Romania la paladina delle riforme democratiche, e per questo suo impegno pluridecorata. Ebbene, il suo nome in codice nella Securitate era «Dana» e il suo ruolo consisteva nel tenere sotto controllo gli studenti stranieri quando insegnava all’Università di Timisoara, nel 1977. Una Mata Hari sulle sponde del Danubio, la quale ha avuto anche il coraggio di dichiarare, con un candore sorprendente, che la sua attività «era normale a quel tempo e in quel contesto».


Alla faccia di tutte le persone perseguitate e finite in galera grazie alle sue soffiate.

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