La politica di questo governo manca di trasparenza. Dopo il caso Telecom, è la volta del ministro dellEconomia, Tommaso Padoa-Schioppa, che in Parlamento aveva riferito che erano stati gli stessi industriali a chiedere che il trasferimento del 50% del Tfr all'Inps riguardasse tutte le imprese, piccole e grandi. Ma Confindustria lo ha smentito seccamente con un comunicato stampa, precisando che «lunico suggerimento avanzato è stato quello di evitare una misura di questo genere» e, in ogni caso, di ipotizzarlo solo per le imprese con più di 250 dipendenti. Risposta negativa del ministro «perché i trasferimenti non sarebbero stati sufficienti». Sottinteso: insufficienti a fare cassa attraverso il trasferimento allInps del 50% dello stesso Tfr con la conseguenza implicita che il governo voleva colpire indistintamente tutte le imprese, il 95% delle quali ha meno di 10 dipendenti.
È gravissimo che le parole di un ministro vengano smentite ufficialmente da Confindustria. Ma, a parte questo dato politico, vediamo loggetto del contendere. Il Tfr è denaro dei lavoratori, che le imprese versano a ogni singolo dipendente quando va in pensione (liquidazione). Poiché non tutti vanno in pensione simultaneamente, limpresa gestisce quel denaro per i suoi fini, e questo le costa un interesse di circa il 3%. Il flusso annuo è di circa 19 miliardi di euro: e allInps dovrebbe andare un terzo. Così lIstituto ridurrebbe le sue richieste al Tesoro, il deficit di bilancio si ridurrebbe e il governo potrebbe poi vantare un incremento dellavanzo primario.
Sottrarre questo denaro alle imprese significa obbligarle a chiederlo alle banche: a un interesse non molto superiore, è vero, ma con tempi spesso lunghi e pratiche burocratiche non semplici. Ciò che costituirebbe per le piccole imprese un aggravio di costi, strozzature di liquidità e maggiore dipendenza da terzi, oltre che un aggravio di lavoro per le banche sollecitate a istruire le pratiche e probabile aumento degli interessi. Unicredit ha già fatto sapere di mettere a disposizione un plafond di 1 miliardo di euro per sopperire al previsto deflusso del Tfr verso il fondo Inps e verso i fondi pensione. Ma il presidente di Bnl, Luigi Abete, ha precisato che la banca è pur sempre unimpresa e «non può finanziare imprese con tassi di rischio molto elevato, come in alcuni casi lo sono quelle appartenenti alla categoria delle piccole e medie imprese». A meno che non si trovino garanzie esterne, cioè garanzie dello Stato. Si può comprendere lallarme delle piccole e medie imprese e anche perché Confindustria abbia voluto, smentendo in modo formale Padoa-Schioppa, rassicurare la propria base.
Parallelamente, sul Tfr sono appuntati gli sguardi dei sindacati, che mirano a gestire i fondi pensione, avendo così la possibilità di entrare nel mercato finanziario e manovrare in Borsa, facendo salire o scendere il valore delle azioni delle aziende quotate, ottenendo su di esse un potere di controllo indiretto superiore a quello che possono fare con gli scioperi e le manifestazioni. Una prospettiva che fa riflettere.
Gli investimenti delle imprese, che appaiono le vere perdenti di questa operazione, diventerebbero più lenti, aggravando la strutturale bassa capacità di autofinanziamento.
LA REGOLA DELLE BUGIE
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