Reguzzoni: «Che fallisca pure... Malpensa non vuole elemosine»

da Milano

«Se Alitalia deve fallire, fallisca. Il destino di Malpensa non dipende da quello della compagnia aerea. Qui a Varese non vogliamo elemosine». Marco Reguzzoni da ieri non è più il presidente dell’amministrazione provinciale di Varese. Leghista doc, 37 anni, è stato eletto deputato il 14 aprile.
Air France ha detto adieu ad Alitalia. E ora?
«E ora vinca il mercato. Alitalia vada per la sua strada. Se deve fallire fallisca, l’importante è che non vincoliamo il mercato».
Rifondazione dà la colpa al Pd, il Pd parla di «polpetta avvelenata» della Lega che penalizza Roma e Fiumicino...
«La sinistra commette il solito errore: mettere il becco in una questione meramente economica. Una compagnia aerea è un’azienda e deve stare sul mercato. Quello che non dobbiamo fare è dire che cosa deve fare Alitalia. Quanto a Roma, diciamo subito una cosa. I conti della compagnia aerea sono stati penalizzati da chi ha deciso di fare assunzioni solo su Fiumicino. E che queste assunzioni, fatte nel passato, siano di tipo clientelare è assodato».
E Malpensa?
«Se vince il mercato Malpensa vivrà. Non vogliamo che Malpensa venga assistita, né vincolare il destino dell’aeroporto a quello di Alitalia».
Il presidente lombardo Formigoni dice che Air France voleva comprare Malpensa per distruggerlo...
«È vero. L’obiettivo era vincolare i voli sul Charles de Gaulle di Parigi o su Fiumicino, tagliando fuori Malpensa. Quella imposta dai francesi era una misura inaccettabile».
Le ipotesi sul piatto della bilancia sono due: prestito ponte o legge Marzano. Lei per quale «tifa»?
«Ribadisco. Se si deve salvare per l’ennesima volta una compagnia decotta penalizzando Linate o altri scali, meglio farla fallire, senza spendere altri soldi. Quanto al commissariamento bisogna vedere che fine fanno gli aerei».
Perché?
«Alitalia non ha più aerei di proprietà. Sono tutti a noleggio. Vai a spiegare a una società di leasing, con sede magari alle Cayman, che i tuoi crediti sono congelati. Si ricorda il caso di Volare?».
La compagnia sull’orlo del fallimento, poi commissariata...
«Con la legge Marzano. Ma il giorno dopo la nomina del commissario straordinario, le società proprietarie degli aerei li avevano “parcheggiati” in aeroporti stranieri. Sostenendo, giustamente, di non avere più la certezza che la compagnia avrebbe pagato il leasing».
Qual è il rischio?
«Allora Volare restò ferma un mese. E non successe niente. Ma se Alitalia stesse ferma anche un giorno, si fermerebbe il Paese».
Quanto ha inciso il caso Alitalia sulla vittoria di Pdl e Lega al Nord?
«Tanto. È stato un caso di scuola, nel quale la sinistra ha mostrato la sua vera maschera. Quella statalista, interventista nell’economia. Un atteggiamento antieconomico di cui il Paese non ne può più».
Si parla insistentemente di una cordata italiana del Nord...
«È un’ipotesi molto plausibile. Personalmente so che una cordata in embrione esiste. So che ci sono degli imprenditori del Nord disponibili a investire sulla compagnia aerea, anche se è evidente che serve un forte partner industriale straniero alle spalle».
Sarebbe una buona soluzione o...


«Mi auguro solo che la cordata non voglia porre vincoli sulle tratte, come ha fatto Air France, o sugli slot di Malpensa. O che decida di penalizzare qualche altro aeroporto, fosse anche Fiumicino. Chi vuole compri e rispetti le regole di mercato».
felice.manti@ilgiornale.it

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