Il retroscena «Così mi vogliono far male»

«Sono più italiano io di tutti quelli che mi insultano». E poi basta, non ha aggiunto altro. Mario Balotelli è stato costretto ad andare davanti ai microfoni sabato sera mentre era ancora vestito da calciatore perché c’è un regolamento da rispettare. Ma adesso basta lo aveva già detto da un pezzo. Ieri lo ha detto anche Massimo Moratti: «Adesso basta, non parlo più di questa storia», erano le 4 e qualcosa di pomeriggio, eravamo lì in una decina sotto la sede Saras ad aspettarlo, e un po’ ci si sentiva fuori posto. Sono momenti dove il fastidio arriva da dentro e non è a senso unico, intendiamoci.
Le vibrazioni che escono da casa Balotelli sono le solite, e non possiamo che condividerle. Insofferenza, stanchezza, noia, chi gli è vicino si raccomanda di tenerlo fuori da tutto, di lasciarlo respirare, di non aggiungere tensione. Sono le medesime richieste uscite dopo quell’Inter-Roma che ci aveva fatto sentire stranieri a Milano sotto i cori razzisti che arrivavano dal primo anello a destra della tribuna stampa. Mario è addolorato, si sta convincendo che ci sia gente che gli vuole male. È nervoso? Certo che è nervoso e si vede in campo, ma fateci capire quando lui diventa un provocatore, anzi no, non ci importa neanche di sapere questo, dicono a casa Balotelli, adesso vogliamo solo capire se cambierà qualcosa, se verranno presi dei provvedimenti.
Ma sono cose che si dicono, non sarebbero neanche soddisfazioni. Il paradosso è che non si riesce a provare soddisfazione per una cosa che da anormale diventa normale, anzi, c’è quasi rabbia per avere speso energie. Questo pensano a casa Balotelli, lì non interessa poi molto della partita a porte chiuse o della Juve che fa ricorso, loro si augurano solo che loro figlio sia coinvolto dai problemi di un ragazzo della sua età, che pensi ad altro e non stia troppo lì a tornare indietro agli insulti che gli arrivano ad ogni partita in trasferta. E poi è un volere di Moratti, di Mourinho e anche della famiglia: Mario stai zitto.
Magari adesso qualcuno riuscirà a capire come mai, poco prima di Natale, Mario Balotelli voleva andare via dalla serie A e dall’Italia.
Adesso basta perché è diventato stucchevole anche difenderlo, convinti che lo sappia fare benissimo da solo e lo ha dimostrato. Forse nell’immaginario collettivo è già diventato un’altra bandiera di Moratti lanciato in una delle sue imprese clamorose: rimettere in campo un nigeriano con il cuore di plastica, un brasiliano senza menischi, un uruguaiano indolente, un italiano con la pelle nera.

Non sappiamo quanto giovi a Balotelli diventare un simbolo, lui preferirebbe che la gente non si ricordasse che ha la pelle di un altro colore, fanno sapere a casa Balotelli dopo 18 anni di rimbalzi e lotte con questo problema.
Però se fossimo Balotelli, magari, la miglior provocazione sarebbe quella di non fregarsene un beato niente delle scuse che arrivano dopo. Dopo trentuno giornate di campionato.

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