Roma A me gli atti please: ora ci penso io. A me le carte, scrive Giorgio Napolitano, perché questa «lotta tra fazioni» ha superato ogni «limite», presenta «gravi implicazioni di carattere istituzionale», visto che coinvolge il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, e sta facendo del male al sistema giudiziario e pure a tutto il Paese. A me dunque la documentazione: il presidente della Repubblica leggerà, indagherà, aprirà una specie di istruttoria. Poi vedrà se ci saranno colpevoli e teste illustri da far saltare. Compito che eventualmente spetterà non certo a lui ma agli organi preposti dalla legge.
Una mossa a due tappe. Un gesto «senza precedenti», ma del resto, spiegano sul Colle, anche l«aspro contrasto» tra le procure di Salerno e Catanzaro è davvero «eccezionale» e senza precedenti. Protagonismo eccessivo? Sconfinamento dal ruolo? Cesarismo quirinalizio? Macché. Quello di Napolitano, si precisa, è anzi un atto dovuto, visto lo slabbramento della situazione, ed è perfettamente ristretto nellalveo delle sue competenze. Uniniziativa, diciamo così, politico-istituzionale, da «garante del bene costituzionale», da capo dello Stato e non da presidente del Csm. Tantè vero che, come si legge nella seconda nota diffusa in serata, «specifiche iniziative dirette a superare la paralisi ripristinando le condizioni per il pieno esercizio della giurisdizione restano affidate agli organi di vertice dellordine giudiziario nellambito delle attribuzioni previste dalla disposizioni vigenti».
Napolitano segue gli sviluppi con «grande preoccupazione». Le prime avvisaglie della burrasca gli sono arrivate allinizio della settimana, quando era a Napoli in visita ufficiale. Poi il campanello dallarme ha preso a suonare sempre più forte, soprattutto quando la vicenda Why Not ha colpito il vicepresidente del Csm. Il capo dello Stato ha allora sentito Nicola Mancino, ha incontrato il guardasigilli Angelino Alfano, ha ricevuto il procuratore generale presso la Corte di cassazione Vitaliano Esposito, poi ha rotto gli indugi ed è passato allazione. Con due lettere, firmate dal segretario generale Donato Marra. Nella prima, ha chiesto ai magistrati di Salerno «ogni atto utile per conoscere meglio una situazione senza precedenti» e che «ha determinato una paralisi processuale», sembrando così per un attimo dare ragione ai «nemici» di De Magistris. Nella seconda, un paio dore dopo, ha chiesto le carte pure ai calabresi, censurando in qualche maniera «liniziativa assunta dalla procura generale di Catanzaro» che «ha introdotto elementi di ulteriore grave preoccupazione sul piano delle conseguenze istituzionali».
Insomma, il Colle «vigila», fa la sua parte, ma senza invasioni di campo.
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