Il retroscena Gli sforzi del Colle per fermare la guerra tra i due leader

RomaA Parigi l’aereo presidenziale tocca terra all’ora di cena, proprio mentre a Roma si apre la settimana più calda per la politica italiana. In Francia Giorgio Napolitano ha portato una valigia carica di preoccupazioni. C’è «l’allarme» per lo scontro che coinvolge due alte cariche istituzionali. C’è il timore per una possibile crisi di governo che potrebbe portare alle urne un Paese che invece, secondo il Quirinale, vista la situazione economica e le riforme da completare, avrebbe bisogno di «stabilità» e di «un’assunzione comune di responsabilità». E c’è forse anche un pizzico di malumore per come Gianfranco Fini sta gestendo il caso dell’appartamento di Montecarlo: prima del famoso video, è stato il Colle a invitare il presidente della Camera ad abbassare i toni della sua autodifesa e a cercare la tregua.
Dunque, nei tre giorni che possono decidere il destino della legislatura, Napolitano sarà lontano, impegnato in una visita ufficiale in Francia programmata da tempo dalle rispettive diplomazie. Mercoledì, quando il Cavaliere parlerà a Montecitorio, il capo dello Stato sarà ospite a colazione all’Eliseo e discuterà di rom e immigrazione con Nicolas Sarkozy. E giovedì, quando il Parlamento voterà sui cinque punti illustrati dal premier e si verificherà ufficialmente la sussistenza di una maggioranza, il presidente inaugurerà al museo Nissim de Camondo una mostra su Risorgimento, Cavour e Napoleone terzo.
Che succederà? Nessuno tra gli uomini del presidente si azzarda a fare previsioni. L’unica cosa che trapela è che la situazione verrà seguita «con preoccupazione e con vigile attenzione» in attesa di capire che strada prenderà un’eventuale crisi. Occorre vedere se il premier avrà i numeri «giusti», cioè non solo quanti voti avrà, ma anche da chi arriveranno: e, nel caso in cui il Fli risultasse determinante per andare avanti, bisognerà capire le intenzioni di Berlusconi. Di sicuro, come lui stesso ha chiarito recentemente a Salerno, «il presidente della Repubblica non è un notaio pronto e con la penna in mano». Napolitano, se le cose dovessero precipitare, si riserva perciò di esercitare i poteri «assegnati dalla Costituzione».
Tradotto dal gergo istituzionale significa che, in caso di crisi formale, certificata da un voto in Parlamento, il capo dello Stato non può sciogliere subito le Camere ma è «costretto» ad avviare un giro di consultazioni nello studio alla Vetrata per verificare se esiste un’altra maggioranza. Questo passaggio protocollare non si può saltare. Certo, andando poi a cercare di intuire le intenzioni presidenziali, sembra improbabile che Napolitano abbia voglia di mettere in piedi un governo tecnico o di transizione senza il placet di Pdl e Lega, i due partiti che hanno vinto le ultime elezioni. Un’ipotesi che peraltro non avrebbe nemmeno i numeri, data la contrarietà dell’Udc.
Ma queste sono speculazioni sul «dopo», sulle quali il Quirinale non si vuole esprimere. Si preferisce restare sul «prima», sugli sforzi discreti delle ultime settimane per calmare le acque. Pressioni e prudenti contatti, stando attenti a non farsi coinvolgere. Il capo dello Stato considera lo scontro Berlusconi-Fini ancora sul piano politico e non istituzionale, al di fuori quindi delle sue competenze.
Napolitano, prima di esprimersi, aspetta quindi l’esito della partita parlamentare.

Com’è noto, non ama parlare di questioni italiane quando si trova all’estero, tanto più stavolta che in agenda con Sarkozy c’è una questione importante come l’immigrazione. Ma chissà, se le cose prendessero una certa piega, potrebbe pure rompere il riserbo. Magari il 29, quando incontrerà la comunità italiana.

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