Economia

Retroscena / Vince Rampl, con i tedeschi. I dubbi di Lega Nord e Fondazioni

Il presidente ha risolto in soli otto giorni il drammatico vuoto di potere causato dall'addio di Profumo

Quando una storia finanziaria così drammatica, come le dimissioni di Profumo da Unicredit, si risolve in soli otto giorni, la curiosità è capire chi ha vinto e chi ha perso. Perché al di là dell’unanimità del board che ieri ha incoronato Federico Ghizzoni, con il suo contorno di dichiarazioni di prammatica, sarebbe fuorviante pensare che non ci siano vinti né vincitori. Tra questi ultimi c’è senz’altro Dieter Rampl, il presidente arrivato al vertice della banca per compensare i tedeschi dell’acquisizione di Hvb e rimasto per cinque anni all’ombra di Profumo. In un mese Rampl ha conquistato il centro della scena e la fiducia dei soci, diventando arbitro di una partita storica: la successione dell’inventore stesso di Unicredit. E ci è riuscito in otto giorni, accontentando Bankitalia che aveva chiesto tempi rapidi e facendo accettare a tutti l’uomo dell’Est, cioè il banchiere che più degli altri candidati interni vanta un curriculum internazionale. Per questo insieme a Rampl hanno vinto anche i «tedeschi» di Unicredit. Una componente azionaria minoritaria (con le quote di Allianz, Munich Re e altri si colloca al 3-4%), ma che di certo esce più forte di prima da questo giro.
Per questo c’è chi dice che la Lega Nord non abbia brindato. Dalle parti di CariVerona (fondazione che ha il 4,6%) questa voce non trova conferma e si ostenta soddisfazione per la «continuità assoluta» e per l’«esperienza interna» di Ghizzoni. Ma certo è difficile pensare che, dopo aver duramente criticato Profumo per aver trascurato il territorio, le componenti leghiste venete siano ora soddisfatte della scelta caduta sul meno «italiano» tra tutti i vice di Profumo, scelto da un presidente bavarese.
Diverso il caso torinese: il plenipotenziario della Fondazione Crt (azionista 3,3%), Fabrizio Palenzona, si è speso molto per comporre le divergenze tra le diverse anime dei grandi soci, senza prendere una posizione che non fosse quella di dare continuità al gruppo. In questo senso la scelta di Ghizzoni è considerata gradita a Torino e funzionale a Palenzona per continuare a far pesare il suo ruolo di vicepresidente della banca.
Piuttosto la scelta autonoma fatta all’interno del gruppo milanese non è probabilmente il massimo per chi ambiva a cercare di influenzare le future mosse di Unicredit (primo azionista di Mediobanca) sia sul mercato (dove le grandi banche d’affari premono sempre per nuove intraprese), sia nello scacchiere della finanza nazionale (dove si muovono altri protagonisti tra cui Generali e Intesa Sanpaolo). Un personaggio legato a qualche filiera di potere piuttosto che proveniente dall’esterno poteva far pensare a un cambio di rotta nella tradizionale indipendenza di Piazza Cordusio.
Ma questa medaglia ha anche il suo rovescio: il peso specifico del ticket Rampl-Ghizzoni appare ora più debole rispetto al monocolore Profumo (che in passato si era comunque accompagnato con presidenti navigati come Salvatori o Rondelli).

Al punto che qualcuno ieri ipotizzava, a torto o a ragione, che ci troviamo di fronte a una scelta di transizione, necessaria per fare ordine nella governance interna e nelle partite bancarie più delicate dell’Est Europa: due istanze che non possono attendere. Se questo è vero, il definitivo assetto di vertice dell’Unicredit maturerà nel prossimo anno e mezzo, per la scadenza del cda della primavera 2012.

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