«È un ricattatore, ora mi ha rotto»

Ieri l’ultimo capitolo della rissa fra il leader dell’Udeur e l’ex magistrato che litigano dai tempi delle primarie

Luca Telese

da Roma

E così, nel pieno del Transatlantico esplose l’ira di Clemente: «Di Pietro fa tanto il moralista ma è un ricattatore. Stavolta mi ha rotto i coglioni!». Mica male per uno scambio di battute fra ministri, paroline dolci fra colleghi. E a nulla serve aggiungere che anche questa ultima sulfurea polemica fra Tonino Di Pietro e Clemente Mastella è come la cronaca di una morte annunciata, come il capolinea di un binario morto, come il pane con la mortadella. I due sono come il diavolo e l’acqua santa, hanno iniziato a litigare prima delle elezioni ai tempi delle Primarie (Mastella arrivò terzo, Di Pietro quarto), hanno proseguito il primo giorno di insediamento e non finiranno certo domani. Durante la prima polemica che li ha visti opposti, quella sul voto per l’indulto, il Guardasigilli arrivò a dichiarare: «Basta, sono stanco di essere insultato, mi autosospendo da ministro!» (per farlo dire a un democristiano inossidabile come lui, ce ne vuole). Il secondo, Tonino la volpe, neoguerrigliero dell’Unione, non nasconde i suoi intenti moralizzatori: «Mi piacerebbe essere lo sceriffo del centrosinistra» (tanto per ricordare una battuta della settimana scorsa). Mastella è così omeopatico che una volta al governo ha diminuito persino la sua conflittualità endemica con Rifondazione comunista, Di Pietro è uno che è contento di avvicinarsi ai colleghi per potergli far meglio le pulci.
Date queste inconciliabilità di partenza, ovvio che l’astensione dell’Italia dei valori dal voto sul disegno di legge di sospensione della riforma dell’ordinamento giudiziario, sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il Guardasigilli accusa il ministro delle Infrastrutture: «La sua è stata una imboscata inutile». E aggiunge: «Sono da trent’anni parlamentare, mentre Di Pietro ha fatto per quattro anni il parlamentare e per tre il ministro. La politica per me è una scienza! Di Pietro fa tanto il moralista e invece è un ricattatore. I ricattatori - aggiunge - non mi piacciono. Un conto è il dissenso politico, un altro conto sono le imboscate a freddo senza una motivazione politica».
Mastella è un fiume in piena, chiede al suo capogruppo Mauro Fabris di porre il problema politico in Aula, di domandare pubblicamente se esista ancora una coalizione. Insomma, è esterrefatto. «In trent’anni - aggiunge - sono stato abituato a qualunque cosa. Ma stavolta sono rimasti interdetti tutti, anche l’opposizione. Questa non può essere una maggioranza a fisarmonica, Di Pietro mi ha rotto i coglioni!». Parole che ispirano un meraviglioso comunicato sfottente all’udicino Francesco Pionati: «Le parole di Mastella, sottili e profonde - scherza in punta di penna l’ex cronista parlamentare del tiggì - non sono di facile interpretazione. Segnalano forse uno stato di disagio nella maggioranza e nel governo? Sono per caso indicative di nervosismo e scarsa coesione? Vorrei pregare il ministro Guardasigilli, se può, di essere più esplicito». Ma la domanda è d’obbligo: lui, Di Pietro, il grande antagonista che dice? Per ora tace, e affida la difesa delle posizioni dell’Italia dei valori al fido capogruppo, Nello Formisano: «La maggioranza era avvisata. Venti minuti prima del voto avevo parlato con Mastella».

Formisano spiega la decisione di affondare il disegno di legge così: «Con un artificio hanno affondato i nostri tre emendamenti sull’articolo 4, a quel punto abbiamo deciso di non votare». Sarà: il vero problema non è il testo, ma l’incompatibilità fra Tonino e Clemente, che può finire solo in un modo. O con la resa dello «sceriffo» o con quella del Guardasigilli. La guerra è solo all’inizio.

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