nostro inviato a Verona
Benedetto XVI arriva oggi a Verona, al 4° convegno della Chiesa italiana. Ieri gli oltre duemila delegati hanno discusso, divisi in piccoli gruppi, sui temi della «fragilità», della «vita affettiva», della «tradizione», del «lavoro e festa», della «cittadinanza». Cè attesa per le parole che Papa Ratzinger pronuncerà. Il suo intervento, lungo e molto articolato, toccherà il tema della testimonianza cristiana e i grandi temi etici della difesa della vita, della tutela della famiglia, della libertà di educazione così come della laicità. In una società che spesso considera illegittima ingerenza certi interventi delle gerarchie ecclesiastiche, il Pontefice rivendicherà il ruolo pubblico della Chiesa nella società aperta e pluralista. Proprio la crisi della famiglia è stata definita ieri «enorme» dal cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, durante uno dei gruppi di lavoro sul tema della «vita affettiva»: «La crisi della famiglia mi sembra il segno principale del processo di secolarizzazione. È stato detto - ha affermato il porporato che la rivoluzione sessuale è stata lunica davvero riuscita. In effetti la situazione è disastrosa!».
Quello che Ratzinger pronuncerà oggi non sarà, dunque, un discorso di circostanza, ma un testo programmatico, al quale farà eco certamente lintervento conclusivo del cardinale Camillo Ruini, presidente uscente della Cei, previsto per venerdì mattina. È noto che nei prossimi mesi, entro la metà del 2007, Ruini lascerà la guida dellepiscopato italiano e dunque il suo discorso, a conclusione del convegno, può essere considerato una sorta di «testamento» con linee guida che toccherà al suo successore realizzare.
Nella sua prolusione dapertura, il cardinale Dionigi Tettamanzi, uno dei possibili successori di Ruini, rilanciando con ottimismo il Concilio, e sottolineando come oggi servano «messaggi di fiducia» invece di «funesti presagi», è sembrato prendere le distanze da unimmagine di Chiesa che denuncia e condanna più che proporre. Mentre la frase di SantIgnazio di Antiochia, «è meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo», contenuta nelle ultime righe della prolusione di Tettamanzi, è stata letta da molti come un altolà alluso «politico» della fede cristiana, cioè una critica diretta contro i cosiddetti «atei devoti», che difendono il ruolo del cristianesimo come elemento dellidentità dellOccidente, professandosi però non credenti. Ieri il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, un altro dei candidati alla successione di Ruini, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha detto che quella citazione di SantIgnazio non significa che «non ci si debba proclamare» cristiani e dunque che non si debba «testimoniare anche a parole il Vangelo». «Se io dovessi aspettare di essere perfetto per testimoniarlo ha spiegato Scola non testimonierei mai. Invece paradossalmente anche il più grande peccatore può testimoniare. Non si comunica se stessi, ma il grande dono ricevuto da Gesù».
Il clima che si respira a Verona è diverso rispetto a quello dei precedenti convegni, più pacificato. I dissensi sono sempre più sottotraccia. I laici continuano a chiedere di essere valorizzati in una Chiesa che ripete di volerlo fare ma rimane vittima di un diffuso clericalismo. Anche se ieri sera, durante una tavola rotonda, il fondatore di SantEgidio Andrea Riccardi ha detto: «Non credo tanto alle rivendicazioni settoriali: più spazio ai laici, meno ai chierici. Sono quarantanni che le sento. Chi ha da dire qualcosa, lo dica; se non trova spazio, lo viva e parlerà!».
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