Ricordi di un vecchio deejay nell’ultima diretta

Da attore eclettico e curioso quale è, Tullio Solenghi nelle ultime stagioni si è proposto al pubblico capitolino in lavori molto diversi tra loro, ma attraversati dalla sua innegabile energia istrionica. Così, dopo aver interpretato il ruolo del titolo nell’allestimento de Le nozze di Figaro di Pierre-Augustin de Beaumarchais visto il maggio scorso all’Eliseo, lo ritroviamo ospite della sala più piccola di via Nazionale con un monologo agrodolce e nostalgico dove veste i panni di un dj vecchio stile, affezionato tanto alla sua piccola radio ormai in odore di chiusura quanto alle illusioni e alla poesia di uno «ieri» inesorabilmente scolorito. L’ultima radio, autrice Sabina Negri, non rappresenta però il canto del cigno di un’obsoleta maturità incapace di guardare all’oggi ma, piuttosto, un appassionato grido di allarme contro la pretesa di ridurre tutto - trasmissioni radiofoniche comprese - all’imperante legge del mercato. Camicia bianca, jeans, scarpe da ginnastica, Solenghi (che tra l’altro, agli inizi della sua carriera, ebbe modo di lavorare proprio alla radio) sembra infatti un ligio artigiano dell’etere; una voce suadente e familiare che assembla ricordi, gesti (il caffè preparato con la moka mentre manda in onda la musica), racconti rivolti agli ascoltatori/spettatori, canzoni che hanno fatto epoca con la semplice ritualità del quotidiano. E anche quando rievoca pezzi dolenti della Storia nazionale (intercalati in una scrittura forse non sempre convincente) riesce a serbare qualcosa di fanciullesco, di puro, di profondamente umano.

Merito della bella prova recitativa e merito dell’ottimo impianto registico firmato da Marcello Cotugno, come sempre capace di leggere in profondità i testi e di sostenerli con perfetto gioco di luci e una scaletta musicale curatissima, che qui sembra trovare il momento più intenso nella «messa in onda» del celebre brano Cinema show dei Genesis.
In scena al Piccolo Eliseo fino a domenica.

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