IL RICORDO

Caro direttore,
non è mia intenzione in questa sede entrare nel merito del dibattito scaturito nei giorni scorsi dopo le dichiarazioni del presidente Fini sul ruolo della Chiesa italiana durante il periodo delle leggi razziali. Desidero però offrire con questa mia testimonianza un contributo che spero possa essere utile per valutare, da un diverso punto di vista, il periodo storico considerato e il ruolo dei cattolici. Penso infatti che, al di là dei proclami e delle direttive, ciò che è essenziale nell’esprimere un sentimento condiviso siano le azioni delle persone, il coraggio delle scelte e delle posizioni assunte, anche non sempre in contesti favorevoli, pur di sostenere un principio, un’idea, un valore.
E proprio l’Italia conobbe durante il periodo delle leggi razziali innumerevoli gesta di eroi, uomini e donne, che nel quotidiano combatterono l’infamia di quei provvedimenti, difendendo e salvando tante famiglie ebree. In particolare al nord, dove io vivo, nelle province di confine, come Varese o Como, sono numerosissime le gesta lodevolmente ricordate e da far conoscere ai giovani: molti ebrei in fuga verso la Svizzera alla ricerca di un luogo più sicuro dove vivere e per questo concretamente aiutati, nascosti e protetti da tanti bravi cristiani, laici e sacerdoti, che nella loro semplicità ben capirono il valore e la dignità della persona. Al di là di una appartenenza religiosa.
A tal proposito, ho avuto l’onore di conoscere la signora Rosella Berlusconi, madre del nostro attuale premier. Dico questo perché, in alcuni nostri incontri, fui proprio reso partecipe di una sua scelta per la libertà. Sfollata in provincia di Como per la guerra, mentre si recava in treno a Milano al lavoro come segretaria alla Pirelli, un giorno dovette assistere a una scena terribile: il treno improvvisamente fermato e un militare tedesco armato che saliva in cerca proprio di una donna ebrea. Con estremo coraggio, Rosella Berlusconi, pur avendo un fucile puntato al petto ebbe la forza di scoraggiare il soldato. «Se mi spara, da questo treno così affollato lei non scende vivo», furono le sue parole. L’uomo così, forse anche colpito dal coraggio di quella giovane, minuta, in attesa di un bambino, ma tanto coraggiosa signora, se ne andò. La donna ebrea fu salva. Anche memori di tale gesto così ricco d’umanità e d’amore, alla signora Rosella fu conferito il titolo di Mamma d’Italia e ricevette la cittadinanza onoraria dal Comune di Arconate.
Caro direttore, quello raccontato è un piccolo ma significativo gesto che ho avuto l’onore di conoscere direttamente. Sono certo che, oltre alle già tante pubblicazioni diffuse in questi anni che documentano proprio l’impegno di innumerevoli persone, molti sono ancora gli anziani che possano direttamente raccontare simili imprese, forse azioni semplici e umili, come erano gli italiani in quegli anni, ma bellissime: una parola in difesa, un tetto di una stalla offerto lungo il cammino per riposare, un posto a tavola che si aggiunge.

Comportamenti di singoli che però, insieme, dimostrano proprio quel diffuso sentimento d’umanità e di carità che la Chiesa italiana ha sempre indicato di perseguire al proprio popolo. Oggi come ieri.
*Senatore

Sottosegretario di Stato

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