Non soltanto personaggi ma anche episodi che hanno reso grande la Democrazia cristiana. Senza dimenticare il suo epilogo. Un'analisi dettagliata quella di Tullio Mazzolino, l'ex assessore comunale al Traffico ed esponente di spicco dello scudocrociato ligure, che ancora una volta sceglie le pagine del Giornale per narrare l'inizio della fine della Dc all'interno delle istituzioni locali. Un racconto dunque, ma anche una riflessione di quanto accadde nel 1985 a Genova, attraverso una rielaborazione che suona come un monito all'attuale sistema politico. Pdl incluso. Nessuno escluso insomma. La memoria torna indietro al settembre dell'85 quando si riunì la direzione provinciale della Dc nella sede di via Caffaro. «Potrei titolare il racconto come l'ultimo treno - esordisce subito Mazzolino -. Si trattava di omologare la giunta di Comune e Provincia alla maggioranza che esisteva a livello nazionale. Ma andiamo per ordine. Presiedeva allora il segretario provinciale Giovanni Bonelli. Era presente anche il gruppo consiliare eletto in Comune. La direzione era stata chiamata a ratificare gli accordi relativi alla nuova maggioranza di centro sinistra a Palazzo Tursi, maggioranza che vedeva la Dc tornare alla guida del Comune dopo dodici anni di opposizione. Nell'aria serpeggiava però una vaga tensione, soprattutto all'interno del gruppo consiliare. L'accordo prevedeva otto assessori in quota alla Dc, uno al Psdi, uno al Pli e ben otto al Psi, oltre chiaramente al sindaco repubblicano il dottore Cesare Campart. Il gruppo consiliare Dc - continua Mazzolino - era composto da ventidue consiglieri quindi gli esclusi erano parecchi. Va precisato che con la legge elettorale di allora gli assessori dovevano essere nominati tra i consiglieri comunali, nel caso di Genova erano ottanta, sindaco compreso, anch'esso consigliere con funzione di presidente del consiglio comunale». Il viaggio tra i ricordi si arricchisce di dettagli precisi che emergono quando Mazzolino precisa che: «dopo la relazione di Bonelli iniziarono gli interventi. Presero subito la parola i consiglieri comunali non indicati come futuri assessori. Ovviamente contestarono la proposta di accordo manifestando contrarietà con motivazioni varie, ma non sorrette da argomentazioni forti e concrete. Ricordo in particolare gli interventi di Viale e Sborgi esclusi dai giochi che ambivano a fare gli assessori; interventi che furono allora molto polemici. Il gruppo moroteo, pur avendo designato un loro assessore, l'avvocato Mario Epifani, fece come era da tradizione, osservazioni critiche. Un po per spirito di rottura nei confronti della gestione del partito - era il loro Dna politico - ma anche perché la professoressa Bozzo, che forse ambiva all'assessorato, essendo stata esclusa soffiava sul fuoco. La riunione prese una brutta piega. I dissensi iniziarono ad allargarsi, nonostante una buona parte del gruppo consiliare giudicò positivo l'accordo raggiunto. Successivamente saltarono fuori al momento della votazione degli assessori franchi tiratori. Non si seppe mai se si trattò di consiglieri democristiani delusi o esponenti della sinistra del Psi che mal accettava la svolta politica». I riferimenti «dell'ultimo treno della Dc genovese» metaforicamente indicato da Mazzolino, non prescindono da dettagli ben stampati nella mente e nella memoria storica dell'ex assessore ai Trasporti, meglio noto come colui che fortemente battagliò per la pedonalizzazione di via San Vincenzo e del quadrilatero (obiettivo per altro poi raggiunto), quando cita che: «prese la parola il segretario Bonelli che mostrò in quell'occasione tutta la sua abilità di vero deus ex machina del partito, mettendo i presenti in riga con un intervento caloroso ma concreto. Amici, disse il segretario, questo è l'ultimo treno che passa per la Dc genovese - riporta Mazzolino -. Niente discussioni o tentennamenti, si sale tutti o si sta a terra perché treni non ne passeranno più; con fare pittoresco, con la parodia di una famiglia che doveva partire per un'emergenza, ricordava che importava poco se non tutti erano in ordine e se mancava qualcosa, l'importante era partire. Fu in questo modo che Boselli concluse l'importante intervento. Dopo l'accorato appello l'accordo politico venne comunque ratificato con la solita formale unanimità. La Sborgi uscì in lacrime dalla riunione dimostrando così scarso senso politico e poca maturità». Rammentando il passato Mazzolino analizza il presente e pensa al futuro del nostro sistema politico: «Di anni ne sono passati e lo scenario politico è difatti cambiato. La Dc è stata inopportunamente sciolta dal segretario Martinazzoli, il becchino del partito. E ripensando al richiamo di allora del segretario Bonelli sottolineo che quella sua frase, detta per rimediare a una delicata situazione politica, fu in realtà anche se non voluta, un'affermazione profetica. Si trattò, metaforicamente parlando dell'ultimo treno della Dc genovese. Dopo circa otto anni cessò di esistere, ma soprattutto dopo la giunta Campart la Dc non andò più al governo degli enti locali». «L'analisi deve far riflettere» suggerisce ancora Mazzolino, soprattutto se si prende in considerazione l'attuale sistema politico italiano: «I partiti vanno e vengono. La storia delle moderne democrazie presenta formazioni politiche che dopo un certo periodo di tempo si interrompono. Un esempio?. Il Partito Federalista degli Stati Uniti d'America che cessò la sua funzione dopo aver raggiunto il federalismo, o di altre formazioni politiche che per motivi diversi non sono più presenti nelle competizioni elettorali. Non voglio certo indagare sulle cause della scomparsa della Dc, ma mi preme sottolineare che il fatto ancora sussiste.
Anche oggi c'è una formazione politica che ha perso l'ultimo treno e molto probabilmente non se ne è ancora resa conto del tutto». Mazzolino rincara la dose, e più chiaramente ricorda che: «dall'ultima tornata elettorale emerge che non tutti i componenti di partito si siano davvero resi conto che l'ultimo treno è davvero partito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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