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Ricucci: «Macché talpe mi chiamavano loro per cercare benevolenza»

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Parte il contropiede di Ricucci. «Dopo tutte le perquisizioni sapevo benissimo di essere sotto inchiesta - è il senso della sua difesa davanti ai Pm di Roma -. Di certo non mi sorprendevano nuove “visite” delle Fiamme Gialle. Non ci voleva una soffiata per capire di essere intercettato: le indagini vanno avanti da un anno».
È una giornata di verbali a Regina Coeli nell’inchiesta su talpe & scalata a Rcs. Ma né Stefano Ricucci né i suoi presunti complici, dall’ex colonnello dell’esercito Vincenzo Tavano che lo avrebbe avvisato di un’imminente perquisizione al brigadiere Luigi Leccese, convincono gli inquirenti. Con gli arrestati che si scaricano a vicenda le responsabilità sul passaggio di notizie sull’inchiesta: «I contatti tra Tavano, Leccese (colui che avrebbe avvisato delle perquisizioni, ndr) e Di Lernia, non li conosco. Tavano aveva iniziato un accerchiamento per sfruttare la mia benevolenza». Il suo difensore, l’avvocato Grazia Volo, si mostra ottimista: «Ricucci - dice - ha dato ampi e dettagliati chiarimenti. Non siamo affatto pessimisti; Ricucci ha chiarito lo svolgimento dei fatti». La sua linea sarebbe quindi quella abbozzata martedì all’arresto: «Quelli che mi chiamavano per darmi notizie? - era in sintesi la reazione -. Erano loro a cercarmi!». E le parole, in codice, tipo “gli infermieri”? «Era una battuta scherzosa», ha minimizzato.
A sondare gli umori degli investigatori e a piazzale Clodio, sembra proprio che la situazione non sia esattamente questa. Gli inquirenti e i magistrati non sembrano così soddisfatti. Anzi. E anche le richieste di scarcerazione presentate dai difensori di Ricucci al termine dell’interrogatorio sembrano più puntare alla discovery degli atti d’accusa. Tanto da prepararsi al Riesame. Prima di Ricucci il Gip aveva interrogato l’ex colonnello Tavano. «L’atmosfera è stata molto serena - spiega il difensore Paola Balducci - il gip ha concentrato le sue domande sulle intercettazioni. Noi, da parte nostra, abbiamo chiesto la remissione in libertà, perché questa misura cautelare è assurda. Confidiamo che il gip decida al più presto possibile sulla nostra richiesta».
Sul fronte investigativo, invece, le indagini sembrano aver raggiunto un punto ormai quasi conclusivo. Non ci dovrebbero essere cioè nuovi e clamorosi sviluppi. La ricostruzione dell’aggiotaggio sul titolo Rcs è ormai pressoché terminata con una precisione che soddisfa gli investigatori: «Abbiamo calcolato - afferma un investigatore -, siamo all’ultimo euro». Nel quadro complessivo gli ultimi tentativi da parte di Ricucci di speculare sul titolo, alterando la quotazione, sembrano esser stati già messi a fuoco dall’accusa.
Si potrebbe invece aprire lo scenario di un fallimento chiesto dalla Procura. I magistrati stanno valutando in queste ore. Decideranno dopo gli interrogatori di garanzia e quelli della procura in agenda settimana prossima. Altri approfondimenti rimangono invece da compiere sul filone delle presunte talpe che avrebbero informato Ricucci. A iniziare dai contatti con il tenente colonnello Antonio Carano. Due le telefonate con l’immobiliarista.

«C’è stata una gogna mediatica - si è confidato ieri il tenente colonnello con un collega -, certo sono stato un superficiale, forse uno sprovveduto, ma a Ricucci non ho rivelato alcun segreto. Né mi occupo delle indagini, né chiedevo aggiornamenti. E poi era Ricucci a cercarmi!».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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