Politica

Riforma dei Servizi segreti: aperto il dibattito nella Cdl

Cinque le proposte di legge di riforma depositate in Parlamento. Pisanu: servizio unico al posto di Sismi e Sisde

da Roma

C’è chi ne vorrebbe uno solo, chi preferisce che restino due e ben distinti nelle funzioni, chi ipotizza la «terza via» di un’unica struttura con articolazione binaria. L’sos terrorismo alimenta il dibattito sul futuro dei nostri Servizi segreti, che da tempo appassiona e divide il mondo politico, alle prese con ben 5 proposte di legge in materia. Francesco Cossiga («padre» di una di esse) ha ribattezzato «l’eterno dualismo fra legalitari e realisti» il braccio di ferro fra chi predilige un assetto improntato al rigore normativo senza se e senza ma, e chi spinge perché agli 007 venga riconosciuta una prerogativa che da tempo sollecitano l’attribuzione delle cosiddette «garanzie funzionali». Ovvero la possibilità, sancita per legge, di violare la legge stessa se la sicurezza nazionale lo richiede. E il superamento della cosiddetta «circolare Dini» che dal ’95, per far fronte «ad una deriva di assunzioni clientelari che ancora stiamo scontando», bloccò le assunzioni dirette fuori dalla pubblica amministrazione. «Su questo fronte uno spiraglio si era aperto - spiega Fabrizio Cicchitto (Fi) - ma ora sembra tutto bloccato».
Se poi sulla scena debbano restare il Sismi e il Sisde, o nascere una struttura unitaria, il dibattito è aperto. Il ministro dell’Interno Pisanu ha rilanciato l’esigenza di «un servizio unico», per evitare «appesantimenti burocratici, sovrapposizioni di competenze e duplicazioni di spese»: per l’inquilino del Viminale, la mancata approvazione della riforma dei Servizi (quella proposta dal governo, già passata in Senato, è ferma alla Camera in Commissione affari costituzionali) è «la carenza più vistosa» nelle politiche della sicurezza.
Di diverso avviso il collega Martino, titolare della Difesa, fautore di un mantenimento dello status quo, come pure Enzo Fragalà di An, e come lo stesso Cicchitto, favorevole «ad un servizio duale, che eviti la concentrazione di un enorme potere nelle mani di colui che, indipendentemente dal colore del governo, dovesse guidare un servizio unico». Per l’esponente forzista sono altri i problemi: «Le garanzie funzionali, lo sblocco delle assunzioni, e l’agevolazione dell’“esodo” delle centinaia di persone inutili assunte nel decennio scorso». «Unitario» ad oltranza il sottosegretario Alfredo Mantovano, per il quale la minaccia terroristica rende più urgente la fusione delle due strutture in «un’organizzazione funzionale che razionalizzi le risorse, consenta di risparmiare sulle spese fisse e adegui il sistema ad uno scenario profondamente mutato».
In attesa che la politica segua i suoi tempi, l’intelligence fa (egregiamente) quel che può. Combatte ogni giorno, oltre al terrorismo, problemi strutturali come la carenza cronica di interpreti. Capita ad esempio di trovarsi alle prese con un problema in Mongolia, e non ci sia chi sappia tradurre testi e conversazioni. Peggio: non esiste neppure un dizionario, ed è il Sismi a rimboccarsi le maniche e aprire il portafogli per rimborsare chi si cimenti a scriverlo.

Ventimila vocaboli, e non se ne parli più.

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