La ripresa porta le dimissioni

La pandemia ha sparigliato le carte anche in molti uffici e aziende italiani

La ripresa porta le dimissioni

La pandemia ha sparigliato le carte anche in molti uffici e aziende italiani. Stando ai dati del ministero del Lavoro, fra aprile e novembre i lavoratori che hanno deciso di licenziarsi sono aumentati del 23,2% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Il piccolo esodo ha spinto l'Aidp (Associazione per la direzione del personale) a condurre un'indagine che ha coinvolto un campione di 600 aziende. Gli esiti? Il 60% delle imprese è potenzialmente interessata alla fuga di massa dei dipendenti e l'impennata di richieste di licenziamento ha colto di sorpresa il 75% delle imprese.

Sette dimissionari su dieci hanno fra i 26 e i 35 anni (seguiti dalla fascia dei 36-45enni), orbitano nel mondo impiegatizio (l'82%) e risiedono nelle regioni del Nord Italia (il 79%). Cosa li spinge a licenziarsi? La prospettiva di una ripresa del mercato (così il 48% degli intervistati), la speranza di imbattersi in condizioni economiche più favorevoli (47%), l'aspirazione a trovare un maggiore equilibrio fra esigenze aziendali e private (41%), l'idea di incidere di più sulla propria carriera (il 38%). Ma una lettera di dimissioni su quattro è dettata dalla volontà di dare un nuovo senso alla propria vita. E che quel che più conta, il tutto accade senza avere un piano B.

Quanto alle aziende i loro piani sono di sostituire i dipendenti fuoriusciti con altre assunzioni (55%), altre invece hanno in programma di riorganizzare i processi produttivi (25%).

Per il 57% dei capi del personale censiti dall'indagine, il fenomeno è la dimostrazione di quanto stia cambiando la percezione del senso del lavoro, per il 30%, invece, a incidere su queste scelte sono i cambiamenti del mercato del lavoro.

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