Era impensabile che fosse il Mentana «numero uno» (quello del Tg5), ed era impensabile che potesse essere il Mentana «numero due» (quello di Matrix). Perciò si è inventato il Mentana «numero tre» (che è poi una somma dei precedenti) per andare in onda nel suo Tg di La7.
Quando fondò il notiziario dellammiraglia del Biscione (nel 1992), doveva uccidere la polvere e il ricordo del bianco e nero che il Tg1 ancora si trascinava dietro, quindi mise in piedi un telegiornale dal metabolismo gagliardo, qualcosa di veloce e modernissimo. In Italia cerano un milione e mezzo o due di telefoni cellulari e internet non aveva ancora fagocitato, reimpastato e risputato tutto quanto. E quando dopo, nel 2005, fondò Matrix si giocò unaltra partita in uno spazio lasciato aperto (tolto Bruno Vespa, ovvio
) nellapprofondimento televisivo. Si mise lì in ginocchio (molto metaforicamente), con il metro in mano e gli spilli in bocca a prendere le misure. E alla fine labito se lo cucì addosso perfetto.
Oggi è tornato a togliersi una voglia di video sopita per un anno e mezzo (dal suo brusco addio a Matrix, in polemica con Mediaset, quando se ne andò sconfitto e con lorrenda sensazione di essere una brava persona). È tornato con i consueti ritmi da Stakanov (ha già messo la sua conduzione in scaletta fino al 30 dicembre) e si è presentato sotto unaltra veste ancora, Enrico Mentana. Conscio comè del fatto che oggi la velocità abita da altre parti. Quindi allarga, si dilunga, invita gli ospiti, entra in scena, si prende tempo. Perché ieri (nellera del Tg5), non avevamo notizie e lui ce le dava. Oggi (nellera del TgLa7), le notizie ce le abbiamo ma lui ce le sceglie. E le racconta da anchorman. Un anchorman che fa sembrare gli altri solo degli speaker. Il terzo Mentana è un Emilio Fede che milita per se stesso. Hanno entrambi iniziato in Rai, lui e il direttore del Tg4, hanno entrambi creato linformazione Mediaset, si sono tenuti addosso un valore istituzionale che li ha sempre resi degli imprescindibili punti di riferimento per il pubblico in caso di grandi eventi. Solo che Fede ha scelto il Cavaliere, Mentana ha scelto Mentana.
Si diverte col giornalismo in cui crede (e i dati di ascolto gli danno ragione visto che con ledizione delle 20 ha ormai raggiunto uno share medio del 7,74 per cento, con 1,5 milioni di telespettatori), non si sbilancia mai, gioca a fare tutto ciò che non ci si potrebbe mai permettere altrove. Mette insieme Filippo Facci e Marco Travaglio, per intenderci. In unera di tg in «libertà condizionata», lui le libertà se le prende tutte. Perché è accreditato a sinistra, ma piace anche a destra. Né col Governo, né con lopposizione, Chicco. Se Fede è «vicino» e Vespa è «equivicino», Mentana è equidistante. E miete vittime illustri. Un po Tg5, un po Matrix, molto Mentana. Ora sono tutti lì a domandarsi cosa ne sarebbe (in termini di ascolto) del tg di Chicco se non fosse Chicco a condurlo. Che è un po come domandarsi quale sarebbe stato il destino della Divina Commedia se non fosse stato Dante a scriverla. Ora sono tutti lì a domandarsi a chi Mentana faccia più male: se alla sua ex creatura, o al politicizzato Tg3, o allo sciccoso SkyTg24. Quando in realtà, oggi, lunica cosa da domandarsi sarebbe come abbia fatto, uno come Mentana a rimanere a spasso per un anno e mezzo. Ogni tanto si è parlato di costi proibitivi che impedivano a chiunque di portarsi a casa la golosa preda. Però poi Mentana ricompare, e lo fa sulla «piccina» La7.
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