Il ritorno di Claudio Lolli meno slogan e più poesia

Fu, Claudio Lolli, tra gli artefici di quel «nuovo corso» che attraverso artisti assai più popolari di lui - i Guccini, i De André, i De Gregori - condusse la canzone italiana verso un più deciso intervento critico sulla realtà sociale dell’epoca. Col tempo la sua notorietà alternò eclissi e ritorni, fors’anche grazie ad un talento letterario di gran lunga superiore a quello musicale e canoro. Ed ora riecco l’artista emiliano in un album intriso, al solito, di vibrante contemporaneità. Dove lo sgomento per un presente malcerto - la crisi dell’Occidente, la caduta dei grandi ideali, la messa in quiescenza delle vecchie illusioni - trova ristoro nella speranza in un domani diverso, dove «la gioia dei giorni futuri/ non abbia fretta». Si parla di Majakovskij, d’America, d’una Bologna edonistica e inquieta, di «libertà impossibile/ pericolosa e maniacale», di Pantani e del Pasolini «corsaro», di idealità tramontate ma non spente: insomma di un’epoca senza più slanci, che chiede di trovarne di nuovi.

Con testi bellissimi - rispetto al primo Lolli, meno slogan e più poesia -, musiche che volano basso e un corredo sonoro che tenta, spesso fruttuosamente, di surrogare la latitanza dell’estro melodico.

Claudio Lolli La scoperta dell’America (Storie di note)

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica