Molte cose si potrebbero dire circa lo stile, il contenuto, ma soprattutto le ragioni che sembrano aver spinto Silvio Ferrari allaspro intervento su «Il Secolo XIX» del 3 settembre u.s. sul tema del ritratto che sarà prossimamente presentato e donato al nostro Cardinale Arcivescovo.
Mi limiterò ad una analisi essenziale.
Non è che non veda la sproporzione tra largomento (che di per sé, soprattutto in una città depressa come Genova, dovrebbe cedere a questioni di ben altro spessore) e la vis, non adeguatamente dissimulata dalla greve ironia, dellinvettiva «iconoclasta» del Ferrari.
Ne abbiamo però spiegazione dallo stesso Ferrari, leggendo la parte finale del suo articolo, in cui il professore di serbo - croato si lamenta di recenti nomine, evidentemente sgradite a lui e ai componenti della sua «famiglia» culturale e politica.
Si capisce allora che la questione del ritratto è solo un pretesto per dare sfogo ad un profondo malumore «ideologico» nei confronti del Pastore della Chiesa genovese, che dal carisma salesiano ha senzaltro assimilato la franchezza apostolica e delle sue battaglie per la verità storica, la libertà della scuola, la tutela della famiglia, la dignità della persona umana, la ricostruzione della cultura cattolica, valori perseguiti anche attraverso nomine coerenti, o almeno non suicide.
Non si può infine non osservare come il ritratto del nostro Arcivescovo nulla abbia a che fare con il culto della personalità praticato negli ambienti da cui - per sua ammissione - il Ferrari ideologicamente proviene.
Il ritratto del Cardinale Bertone, infatti, andrà ad affiancarsi a quelli di tutti i Suoi Predecessori, almeno degli ultimi secoli, in una galleria di altissimo valore simbolico, che rappresenta la continuità della successione apostolica o, se si vuole, della storia di famiglia della Chiesa genovese.
Ed è per questo che, a dispetto del «mal di pancia» del Ferrari e di altri, la famiglia dei cattolici genovesi è veramente in festa.
Avvocato
della Rota Romana
Governatore
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