La rivincita del super manager

da Milano

Franco Bernabè torna dopo otto anni alla guida di Telecom Italia. Ne era uscito nel 1999 dopo la scalata al gruppo telefonico da parte dei finanzieri padani guidati da Roberto Colaninno e Chicco Gnutti. Una super-Opa da 100mila miliardi di vecchie lire che ha appesantito Telecom Italia con un super-debito da 36 miliardi di euro. Contro la scalata di Colaninno, Berbabè cercò di reagire proponendo persino una fusione con la Deutsche Telekom di Ron Sommers. Fu tutto inutile: in meno di un mese le adesioni all’Opa di Colaninno superarono il 50% e Bernabè fece le valigie incassando quella che è probabilmente l’unica sconfitta della sua carriera. Ma a chi gli ha chiesto negli anni perché non avesse rilanciato, il manager ha risposto con freddezza: «Non volevo lasciare il gruppo con una zavorra che l’avrebbe affondato».
In realtà l’abbattimento di quel debito che tanto voleva evitare è forse la sfida maggiore in cui dovrà cimentarsi. Ma Franco Bernabè, nato a Vipiteno nel 1948, sposato con due figli, ha le carte in regola per affrontarla. Ricercatore di economia alla fondazione Einaudi dal 1973 al 1975, a Parigi ha avuto un’esperienza al dipartimento di Economia e statistica dell’Ocse; poi ha lavorato alla Fiat come capo economista. Entrato all’Eni nel 1983 come assistente del presidente Franco Reviglio, è poi diventato direttore centrale e quindi amministratore delegato del gruppo dal 1992 al 1998, gli anni duri della ristrutturazione del debito (il suo vero capolavoro) e della privatizzazione. All’Eni nel solo 1993 furono venduti o chiusi 73 business e licenziati 15mila dipendenti, con risparmi per 1.700 miliardi di vecchie lire. Alla fine il bilancio in rosso profondo tornò in utile per 304 miliardi. Un successo, quello di Bernabè, studiato come case history alla Harvard Business School.
Poi la nomina in Telecom nel 1998 e l’uscita dopo la messa in angolo da parte della «razza padana» nel ’99. Da lì cominciano una serie di incarichi al di fuori dei cosiddetti «poteri forti», ma comunque prestigiosi. Giuliano Amato, che lo aveva voluto all’Eni, lo nomina rappresentante speciale per la ricostruzione del Kosovo, mentre con Silvio Berlusconi va alla Biennale di Venezia. Fonda una società di investimenti, Fb Group, nella quale coinvolge anche Chicco Testa. Poi, con Tiscali, crea Andala che verrà poi venduta a Hutchinson Whampoa e diventerà il gestore di telefonia mobile Umts «3». Prende il controllo di Netscalibur e di Telit mentre nel settore del software è attivo con il gruppo Kelyan. E nel 2004 fa confluire la sua società di advisory finanziario in Rothschild ottenendo la carica di vicepresidente per l’Europa.

Bernabè è un gran lavoratore e un uomo solitario. Tra i pochi a seguirlo ci potrebbe essere l’amministratore delegato di Kelyan, Giovanni Stella, già direttore finanziario in Telecom Italia ai tempi del suo primo incarico ai vertici del colosso telefonico.

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