«Il rock è morto? Chi lo pensa si merita di andare in pensione»

«Ah ah ah». Già da quella frangetta, così scombussolata e così anni Sessanta, si capisce che Sergio «Serge» Pizzorno la sa lunga. Visto che fa rock, risponde con una risata a chi gli chiede se il rock sia morto. E, visto che con i suoi Kasabian, lo suona assai bene (il nuovo Velociraptor! uscirà il 20 settembre per Sony ed è realmente un bel disco), si permette anche la battuta: «Chi pensa sia morto, merita di andare in pensione e trascorrere le sue giornate al parco». Chi al parco. E chi sul palco. Lui, che suona la chitarra e per la prima volta ha scritto tutti i testi, sarà in tournèe almeno fino al prossimo anno. L’altra sera, a proposito, gli inglesoni Kasabian sono passati all’i-Day Festival di Bologna e i quindicimila del pubblico se lo ricorderanno per un pezzo: «Uno show che sfiora la perfezione» hanno scritto in tanti sul web. Tanto entusiasmo così si vede raramente.
Scusi Pizzorno, i Kasabian hanno la sindrome del numero due.
«E chi sarebbe il numero uno?».
Gli Arctic Monkey, che difatti a Bologna hanno suonato per ultimi dopo di voi.
«Naaa, di queste cose ce ne freghiamo».
La stampa inglese però li coccola molto più di voi.
«Bravi loro. E bravi noi. Ormai siamo lontani dai tempi delle rivalità stile Beatles e Rolling Stones».
Tra i due, i Kasabian scelgono i Pink Floyd. E i Led Zeppelin.
«The piper at the gates of dawn dei Pink Floyd è uno dei miei dischi preferiti. Le grandi band del passato come loro o gli Small Faces restano nostri termini di paragone».
Ma voi mirate ad avere lo stesso successo?
«Noi siamo una boutique del rock. Non un supermarket. E quindi avremo necessariamente un pubblico meno ampio e più esigente».
Già l’idea di intitolare il disco Velociraptor! lo dimostra.
«Dici perché è una parola latina?».
No perché dai tempi dei T Rex di Marc Bolan nel rock si parla i dinosauri solo per indicare vecchi musicisti senza più ispirazione.
«No, a noi piaceva la parola, che ha un bell’impatto. E piaceva anche l’idea che il velociraptor fosse l’unico capace di battere il tyrannosaurus».
Chi sono i tirannosauri nel rock, oggi?
«L’unica cosa che mi viene da pensare è che sono tanti anni che i ragazzi non trovano più qualcuno in cui davvero credere».
E i nuovi rockettari inglesi come voi?
«Mica posso dirlo io.

Di certo questo per noi è un disco speciale nel quale abbiamo mescolato un sacco di influenze, dai Kraftwerk ai Nirvana, siamo tornati alle radici. Non bisogna mai dimenticare da dove veniamo».
A proposito, lei da dove viene?
«I miei genitori sono genovesi ma non so l’italiano...».

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