Roland Garros, la Schiavone è di nuovo in finale: "Sono pronta come un prete che dice messa"

Francesca ha battuto 6-3, 6-3 la francese Bartoli. Al pubblico ha detto: "Sorry, vi ho rovinato un sogno". Troverà Na Li che ha sconfitto la Sharapova. "Con la cinese dovrò dare il 100%"

Roland Garros, la Schiavone è di nuovo in finale: 
"Sono pronta come un prete che dice messa"

Sogni. Parigi non ha tradito, non era possibile nella città che regala l'impossibile. «È un sogno che si avvera due volte» dice Francesca Schiavone dopo aver alzato le braccia, ed è un sogno per tutti noi, per tutti quelli del tennis che un giorno si sono svegliati e hanno scoperto di avere una campionessa vera. Di avere realizzato un sogno. Sogni, come quelli che aveva Marion Bartoli, la ragazza che il Roland Garros voleva in finale, una francese a Parigi, non c'era titolo migliore. Anche se lei non è la più amata in patria, anche se a 26 anni resta sempre la cocca di papà, perché è con lui che si allena tutti i giorni, perché è con lui che ha pianificato il suo mondo, perché è con lui che l'hanno vista passeggiare mano nella mano sugli Champs Elysee. Non avrai altra vita oltre che con me, e forse un giorno sapremo. Intanto Marion aveva un sogno, ma non era quello di Francesca.
La Schiavone insomma ancora in finale, un'altra volta, per un altro titolo. E per togliersi da quella terra di mezzo degli "one Slam winner", ovvero quelli che sono troppo bravi per restare nell'anonimato e lo sono troppo poco per essere dei fenomeni. Eppure lei lo è, Francesca, per come si è costruita una seconda vita sulla soglia dei trent'anni e per come ha approfittato del tempo, dell'età, per avere una maturità diversa, fatta di momenti indimenticabili. Come quelli di ieri, in semifinale, quando ha vinto 6-3, 6-3 dall'alto della sua freddezza, con un solo momento di difficoltà quando si è trovata sullo 0-2 all'inizio del secondo set. Per la Bartoli era un sogno, ma la realtà è che Francesca è più forte.

E allora ecco, domani è un altro giorno e sarà un'altra finale, e poi neanche contro la divina Maria Sharapova, fatta fuori in due soli set da Na Li, la cinese prima della classe che vuole vivere l'ultimo sogno. È stata la prima cinese a vincere un torneo tra i professionisti, la prima nei quarti di uno Slam, la prima in semifinale, la prima in finale, la prima Top 20 mondiale, la prima Top 10. La prima. «Lei è fantastica, sarà durissima e soprattutto sarà una bella partita, come lo scorso anno proprio qui... contro di lei dovrò essere al 100%» dice sincera Francesca, che però ha già battuto una francese a casa sua, come può aver paura? «Mi scuso con tutta la gente qui, so che volevate vivere un sogno...» e poi, quasi a voler rendere loro meno amara la sconfitta, «dovete sapere che vincere non è stato facile, perché la Bartoli è un grande talento e ho anche avuto paura, però la vittoria del 2010 mi è servita a far fronte alla tensione e per battere Marion ho dovuto davvero correre tanto...

Comunque non siate arrabbiati con chi tifava per me...». Impossibile. Anche perché Francesca adesso è più consapevole: «Un anno fa prima della semifinale ero dubbiosa, quest’anno ero invece sicura di me, sapevo quello che dovevo fare e ho sempre condotto il gioco. E poi ho saputo usare il vento: per una che gioca come me era un vantaggio. Se sono la numero uno sulla terra rossa? Può essere... E sapete? Adesso so che cosa provano i preti quando sta per iniziare la messa». La messa finale.
Sogni, a volte ritornano, e ora sarà quasi più bello viverli, anche se Na Li non è certo in finale per caso e sarà battaglia, dura, perché ci sono almeno 300 milioni di cinesi pronti a fare il tifo in tv. Erano altri tempi, solo una decina d'anni fa, quando a Pechino e dintorni si doveva spiegare che cosa fosse quel gioco che somigliava al ping pong, e soprattutto quando si attiravano future campionesse raccontando che in quello strano gioco si vestivano dei begli abitini. Na Li, poi, è la cinese più occidentale di tutte, ha perfino un tatuaggio, gira il mondo con il marito e ride, ride tanto.

Anche quando le chiedono: «Cosa avresti detto a chi, a Natale, ti avesse detto che qualche mese dopo saresti stata in finale a Parigi?». Risposta: «Grazie». Ride Na Li, «sarà dura» ripete Francesca.


Però, comunque finirà, sarà questa volta una finale più vera, 31 anni contro 29, la sfida tra due campionesse che giocano come tenniste e non come robot. La sfida tra due ragazze che pensano e che, in ogni caso, usciranno vincitrici. Un sogno, praticamente, in uno sport che non accetta gli sconfitti.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica