Roma - Politici o tecnici? Patrimoniale o articolo 18? La crisi si è un po’ incartata e Giorgio Napolitano, durante un convegno all’Accademia dei Lincei, si sfoga così: «In fondo sono uno come voi. Anch’io sono un ricercatore, cerco soluzioni alle questioni spinose della nostra vita istituzionale». Mi chiamo Giorgio e risolvo problemi. Ma stavolta è dura, Mario Monti sembra impantanato nei veti reciproci, invischiato nella melma della trattativa sul programma e sulla squadra. E se Gianfranco Fini annuncia che «la fiducia sarà votata entro venerdì», in realtà il professore deve ancora saltare gli ostacoli più alti.
Dunque, un momento di stallo, che il capo dello Stato efficacemente sintetizza in questo modo: «È una fase delicatissima e cruciale. Serve uno sforzo collettivo che purtroppo negli ultimi tempi è mancato». Parole che, lette in controluce, denunciano un filo di apprensione. SuperMario invece va avanti come un treno, sicuro di farcela. «La compagine - dice alla fine del primo giorno di consultazioni - sarà convincente e efficace, il governo durerà fino al 2013. Non accetterei limiti di durata. Una nuova manovra? È prematuro parlarne. Le misure draconiane? Ho parlato di sacrifici, non di lacrime e sangue».
E alle 34 delegazioni che riceve a Palazzo Giustiniani ripete sempre gli stessi due concetti. Primo, voglio dei ministri politici. Secondo, non voglio scadenze temporali. «Ho creduto importante dare un segnale concreto e aperto ai partiti - spiega - anche in forma di risorse umane. È una disponibilità, un desiderio se vogliamo. Ma se ritengono che in questa fase il loro ingresso non è opportuno, se dopo aver tanto litigato non possono farsi vedere fisicamente insieme in un governo, lo capirei». Non è una marcia indietro. «Che i segretari dei partiti siano presenti non mi sembra una condizione indispensabile. Quello che conta veramente è il loro appoggio, senza il quale non comincerei nemmeno». La consistenza di questo «appoggio» verrà misurata tra poche ore «Siamo appena usciti da una fase dialettica estremamente tesa. Le forze politiche sono consapevoli che è necessario ritrovare la distensione e guardare un po’ più avanti».
Quello che Monti non accetta è di varare un esecutivo di breve durata. Anzi, secondo alcune fonti, oltre ai provvedimenti economici pensa a un paio di riforme costituzionali: la modifica del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero di deputati e senatori, un intervento che comporterebbe un taglio della spesa pubblica.
Sulla durata del governo c’è forse un certo margine di negoziato. Il premier incaricato punta al 2013. «Non accetterei mai un mandato a termine», ripete durante la conferenza stampa. Ma alla fine potrebbe accontentarsi di non vedersi stampata la scadenza sul fianco, come un vasetto di yogurt: Napolitano l’altra sera, parlando dei tanti buoni del Tesoro da collocare sui mercati da oggi ad aprile, ha voluto chiedere ai partiti di impegnarsi almeno fino alla primavera, poi si vedrà.
Più difficile la mediazione sulla squadra: Pd e Pdl, insistono, vogliono solo ministri tecnici. «Sarà un governo di personalità di alto profilo» spiega Anna Finocchiaro. Fabrizio Cicchitto estende il veto pure ai sottosegretari e il Cavaliere fa sapere di non gradire nemmeno i tecnici di area. Ma l’ex commissario europeo vorrebbe una certa rappresentanza di politici di primo piano per responsabilizzare i partiti e rafforzare l’esecutivo. «Vuole legare il mondo degli eletti all’equipe che comporrà il governo - racconta il socialista Riccardo Nencini che lo ha incontrato in mattinata - riservando a politici esperti delle procedure parlamentari un ruolo di raccordo». Dice Emma Bonino: «Monti ha ragione, non deve essere il solo a metterci la faccia. Un governo autorevole e composto da politici è l’unico modo per evitare che il Parlamento si trasformi in Vietnam».
Oggi gli incontri decisivi con Pd e Pdl: la soluzione potrebbe essere un tandem di vicepremier, Gianni Letta e Giuliano Amato, ma Bersani non è convinto. Il braccio di ferro continua. Qualcuno dovrà cedere, vedremo chi e come. Tra centrodestra e centrosinistra c’è anche il gioco del cerino: chi sarà il responsabile di un eventuale flop di Monti? E alla questione della composizione della squadra si aggiunge quella, più delicata ancora, del programma.
Dal Pdl giunge un secco no all’ipotesi di una patrimoniale, voluta dalla sinistra.
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